giovedì 17 febbraio 2011

Accordo.it: Intervista ad Alberto



Maria Rita: Alberto, perchè avete scelto di intitolare l'album “Wow”? Un riferimento ai misteri dell'ufologia e allo “Wow! Signal” di possibile origine aliena o ai titoli degli album di Beatles e Beach Boys?

Alberto: In realtà ho scoperto poco tempo fa la questione del “Wow Signal”. E' stato Luca tre anni fa che vedendo su un fumetto un “wow!” lo ha portato alla mia attenzione e questo titolo mi è rimasto in mente. Mi colpisce perchè è un'esclamazione di positività ed è anche una frase palidroma. Il disco ha sempre cercato di seguire il titolo che era stato scelto, certo non per comunicare a noi stessi di aver fatto un album talmente bello da suscitare stupore, ma per dare un'atmosfera positiva in generale, più luminosaa. Poi credo che sia un'espressione d'impatto, che resta impressa.

MR: Come è nata la copertina di “Wow”, con il suo mix grafico di classico (i colori, la scritta "stereo" etc..) e moderno?

A: Volevamo una coprtina che si distaccasse da quella di “Requiem”, che fosse il suo esatto contrario, quindi chiara piuttosto che scura. Avevamo intenzione anche che vi apparissero le nostre facce, ci piaceva l'dea. E' stato tutto molto spontaneo: il grafico ha fatto varie prove mentre noi stavamo ancora mixando, ci ha presentato varie soluzioni e abbiamo scelto questa. Tutto è avvenuto in due settimane, abbiamo scelto rapidamente il video er il primo singolo e la copetrina dell'album, perchè il disco era pronto e doveva essere pubblicato, ma il risultato mi soddisfa. Sì, la cover è un po' anni '70, forse mi sarebbe piaciuta più moderna, ma rispecchia il disco.
E' stata una scelta d'istinto che secondo me funziona.

MR: Hai citato il video di “Razzi arpia inferno e fiamme”: come è nata l'idea della sua realizzazione e che significato ha la presenza un po' inquietante dei ballerini di cui si vedono solo alcune parti del corpo e da cosa è venuta l'idea?

A: Come ti dicevo prima, ci siamo affidati alla regista, non è stata una nostra idea: eravamo troppo in ritardo e bisognava scegliere presto un video. La regista aveva il filmato pronto e l'ha adattato al pezzo: il risultato è buono e piace a tutti, credo abbia fatto un ottimo lavoro.

MR: Dal vostro precedente album, “Requiem”, sono trascorsi quattro anni: dove è iniziato e come si è sviluppato questo periodo di mutazione del vostro sound, meno rabbioso, più eclettico e aperto a variazioni e interscambi tra generi musicali, che ha poi prodotto il nuovo album?

A: Anche per il sound, come per l'aspetto esteriore, abbiamo deciso di fare il contrario di quello che avevamo fatto con “Requiem”: per ogni disco che pubblichiamo, nel lavoro successivo tendiamo ad andare in una direzione diversa rispetto a quella precedente, direi quasi opposta, perchè è più stimolante. In “Wow” secondo me il cambiamento è stato grande a livello sonoro, mentre la voce è sempre la stessa: è il segno distintivo della band insieme alla batteria.
Il pianoforte, i cori e i synth sono invece una new entry in questo disco, soprattutto perchè ho scritto molto al piano invece che alla chitarra: soprattutto il piano è l'elemento chiave di “Wow”.
Alcuni brani sono nati anche dai synth, molti sono venuti fuori d'istinto. Per esempio “Lui gareggia” l'abbiamo fatta io e mio fratello di getto e poi abbiamo aggiunto il basso.

MR: In effetti “Wow” è un album molto vario. Mi sapresti ndicare, tuttavia, un sentimento o una sesazione prevalente che lo ha ispirato?

A: Mah...no, non ci riesco. Per me è un disco magico, che nasce da una varietà di emozioni e sensazioni. Abbiamo anche provato ad accorciarlo, ma non siamo riusciti a togliere nulla: il disco doveva essere questo, non c'era altro modo di pubblicarlo.

MR: Da qui dunque la scelta del doppio?

A: Sì, noi tre volevamo assolutamente il doppio, abbiamo anche litigato molto con la casa discografica nell'ultimo periodo per averlo, perchè per loro era una specie di suicidio. Noi eravamo però “in fissa”, il disco non poteva uscire altrimenti che così.

MR: Avete dichiarato però che non si tratta di un concept.

A: No, non è un concept, è una compilation di canzoni, l'unico filo conduttore che le accomuna è la presenza dei cori, del piano e dei sintetizzatori, la voglia di andare in un posto diverso.

MR: I cori ricorodano molto i Beatles o i Beach Boys.

A: Sì, Brian Wilson soprattutto: l'ho scoperto da poco e non ho fatto che ascoltarlo, ho anche pianto ascoltando “Smile”. Ho comprato tutta la sua discografia e ho letteralmente consumato i CD.

MR: Quanto contano per te i testi? Hai un modo di scrivere apparentemente semplice, ma in realtà molto surreale. Cerchi di comunicare un messaggio attraverso le liriche?

A: Scrivere i testi per me è un lavoro molto difficile e stancante a livello psicologico, come intepretarli. Faccio un lavoro pazzesco sulle parole, sto attento al suono che devono avere, ci tengo all'amalgama col mixaggio e con le voci. Scrivo le parole prima in inglese e poi le traduco in italiano - fino a quest'estate erano ancora in inglese. A volte il lavoro è davvero lungo, per esempio in “Lei disse”: abbiamo dovuto ripeterla moltissime volte prima di farla venire fuori come volevamo, abbiamo lavorato molto soprattutto sulle dinamiche.

MR: In “Attonito” canti: “sarai così serio, suoni su Facebook”. Non ti senti a tuo agio nel mondo di internet e dei social network? Pensi che abbiano cambiato la musica in modo negativo?

A: Sicuramente non questo è il nostro modo di fare musica, non so neppure se abbiamo o no una pagina Facebook. Roberta è l'unica un po' più esperta di computer. Il pezzo in realtà però parla soprattutto dello sguardo attonito che hanno le persone quando sono davanti al computer, è molto ironico, non vule essere critico.

MR: In “Miglioramento” invece canti: “ora puoi, il fisico ce l'hai, per fare la rivoluzione che aspetto. Niente dirò e tu non capirai, affronta la rivoluzione allo specchio”. Come mai parli di rivoluzione? Questo testo ha un connotato (anti)politico o è un semplice sfogo nei confronti di una persona o di se stessi forse?

A: Non mi interessa politica e non mi piace accostarla alla musica. Il testo parla di una rivoluzione in senso personale, psicologico, di quando si matura e si cambia, ci si guarda allo specchio, ci si vede “invecchiati” e bisogna affrontare la realtà in modo diverso.
In realtà però non mi dispiace che qualcuno interpreti il pezzo in modo politico, io lascio i brani che scrivo alla libera interpetazione di ciascuno, mi piace che ogni mia frase pssa avere più di un senso.

MR: Perchè sul disco il volume della voce è molto basso, a differenza della tradizione musicale italiana?

A: Ho cercato tutti i volumi durante il missaggio e questo è il volume che mi piaceva: molti criticano i il fatto che la voce sia bassa, ma a me piace proprio perchè non è immediatamente intellegibile, devi ascoltare più di una volta un brano per capirne le parole e questo invoglia a ripetere l'ascolto più volte.

MR: Come avete pensato di proporre i nuovi brani in versione live, cosa dobbiamo aspettarci?

A: Bé, siamo molto agitati e adrenalinici, non abbiamo ancora scelto la scaletta e questo è molto frustrante! Credo che punteremo molto su questo album e anche su “Requiem”, poi aggiungeremo due pezzi per ogni album o anche tre: vediamo satsera come va e decidiamo sul momento.

MR: Con “Wow” c'è stato un ampliamento dei vostri orizzonti musicali: cosa dovremo aspettari invece per il futuro? Proseguirete sulla stessa linea?

A: Penso di no, come dicevo prima di solito tendiamo sempre a fare qualcosa di diverso ogni volta, specie dopo i tour siamo sempre stufi dei pezzi che abbiamo fatto.
Nella scelta dei pezzi per “Wow”, quando un brano somigliava troppo a quelli di “Requiem” lo abbiamo scartato.
Il nostro obbiettivo è quello di fare un disco che non somigli a nessun altro, che non abbia influenze: forse un giorno di riusciremo, anche se è difficile perchè siamo quello che mangiamo...se ascolti qualcosa anche involontariamente ti entra dentro e si avverte in quello che suoni.
A me è successo così per “Wow” con i Beach Boys, che si sono sovrapposti agli ascolti passati, come Nirvana e Beatles.
Quest'anno abbiamo ascoltato anche i Cheap Trick, gli Abba e soprattutto Battisti. “Anima Latina” è davvero un capolavoro, lo adoro: i testi di Mogol sono splendidi.

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