Credits: www.mescalina.it, di Ambrosia J. S. Imbornone
Mescalina: Innanzitutto complimenti, perché vi siete superati una volta in più e non era facile…
Alberto Ferrari: Grazie…
Mescalina: Queste 26 canzoni sono una miniera di dettagli da apprezzare [NB: era stato ben sottolineato anche nella nostra recensione ad Endkadenz Vol. 2 di Francesco Malta]. Penso per es. alla coda strumentale di Inno del perdersi, che fa venire in mente un po’ la musica classica (che ho letto essere tra i tuoi ascolti…non so se prima o dopo l’album…)
Alberto Ferrari: Dopo, dopo…
Mescalina: Dopo, ok! (sorrido) La coda fa pensare al prog oppure ai Queen, oppure mi riferisco al clavicembalo di Identikit [registrata e mixata da Marco Fasolo dei Jennifer Gentle], a come rientra il basso nella seconda strofa di Dymo, o ancora alla ripresa dei versi iniziali di Un blu sincero…Ci
sono insomma tanti piccoli particolari da cogliere nell’arrangiamento
che sono molto interessanti e ad ogni ascolto se ne scoprono altri.
Alberto Ferrari: (contento, forse anche un filo imbarazzato, sorride) Grazie mille.
Mescalina:
Come avete coniugato l’impronta delle registrazioni in presa diretta
con questa cura dei particolari? Avete lavorato molto con le
sovraincisioni?
Alberto Ferrari: Esatto,
sì, abbiamo lavorato tanto su ogni pezzo prima di registrarlo:
l’arrangiamento in sé era basso, chitarra batteria, voce, anche
semplice, però fatto bene. Dopo di che abbiamo registrato i brani e di
lì sono partite le sovraincisioni che possono effettivamente cambiare
anche completamente l’aspetto di un pezzo. A volte togliamo anche degli
strumenti, per esempio una chitarra, per rimpiazzarla con un altro
strumento. Sì, si lavora un po’ così, per arrivare al risultato migliore
in assoluto, che può anche essere semplice, non per forza pieno di
sovraincisioni. Anche i vuoti possono servire, ma altre volte facciamo
diventare i pezzi più giganteschi ancora! È una specie di anfetamina! (sorridiamo)
Mescalina: Ci sono sempre stati nei vostri dischi ottimi brani conclusivi, però a mio avviso in Wow e in Endkadenz in particolare ci sono canzoni di chiusura ideali. In Wow c’era Lei disse per esempio che contribuiva anche ad una circolarità, dato che aveva anche richiami testuali a Scegli me…
Alberto Ferrari: Esatto…
Mescalina: Endkadenz era
stato concepito come un unico disco, ma credo che nella suddivisione
dei brani nei due volumi abbiate scelto due brani di chiusura perfetti, Funeralus nel primo e Waltz del Bounty
nel secondo, che penso sia uno dei vostri brani migliori di sempre, un
brano in maggiore, ma con testo a tratti più malinconico, tra
orchestrina, organo, ecc. quasi una colonna sonora dei saliscendi
emotivi della vita [NdA: la domanda sarebbe finita così, ma Alberto è
intervenuto prima per chiarire un punto. In un’intervista a Rockol aveva
dichiarato che si trattava di “un brano in maggiore”, “una cosa rara”
per i Verdena. Forse la frase suonava troppo assoluta e Alberto, che ha
capito al volo che l’avessi letta, ne approfitta per sgomberare il campo
da possibili equivoci creati da quella dichiarazione e farci “entrare”
anche in questo modo nel loro laboratorio musicale].
Alberto Ferrari: Ma
comunque non è vera ‘sta storia del maggiore, ce ne son tanti di pezzi
in maggiore: è che quello lì è proprio tutto in maggiore…Anzi, c’è anche
un minore a un certo punto, quindi è stata proprio un’uscita un po’
così…Intendevo che è un pezzo felice, pieno di fiori, di speranze…almeno
inizialmente, perché si conclude appunto con un disagio invece
allucinante.
Mescalina: …e questo riequilibra un po’ il brano e lo rende forse proprio per questo ci sta bene in chiusura, penso…
Alberto Ferrari: Mmm…(ci pensa un secondo appena) sì, sì, son d’accordo. Da quando abbiamo suddiviso i 26 brani di Endkadenz,
son sempre stati i due pezzi che chiudevano i due volumi. Era
inevitabile, così come quelli che iniziano i dischi erano impossibili da
cambiare.
Mescalina: Senti, invece, per quanto riguarda la scelta del primo singolo estratto dal secondo volume di Endkadenz, Colle immane è stato selezionato anche come una risposta a chi ogni tanto sostiene che vi siate ammorbiditi e magari rimpiange Requiem (a torto, perché – basta sentire per esempio Fuoco amico – pezzi più rock ci sono sempre nei vostri dischi)?
Alberto Ferrari: (annuisce su Fuoco amico)
Mescalina: C’è stata un po’ questa intenzione rispetto anche alle scelte fatte per il primo volume?
Alberto Ferrari: No,
no, non l’abbiamo fatto per far vedere che siamo rock o meno; è stato
più che altro perché sembrava l’unico pezzo – e c’è stata un’insistenza
mia a favore di Colle immane – un pochino pop in tutto il
disco, è anche corto, insomma, senza tanti cambiamenti, molto fisso su
se stesso. Poi mi sembrava andasse un pochino nell’elettronica come
gusto e mi piace sempre dare singoli con un’attitudine completamente
diversa rispetto a quello che siam noi, se possibile.
Mescalina: (stavolta ci penso un attimo io) E’ un po’ pericoloso questo, però! (ridiamo)
Alberto Ferrari: Sì, sì…però mi piace così! (ridiamo)
Mescalina: A proposito di questa canzone, ho riflettuto sul
cantato nelle strofe, soprattutto della seconda: mi ha fatto pensare al
fatto che, tra i tuoi ascolti di musica italiana, hai dichiarato più
volte di aver ascoltato spesso Mango, quand’eri piccolo, perché era uno
degli artisti preferiti di vostra madre e ve lo faceva ascoltare. Al di
là del genere e della struttura musicale, la seconda strofa di Colle immane mi ricorda per melodia vocale e metrica un po’ alcuni brani di Mango…
Alberto Ferrari: Eh (sorride),
ok…può darsi…Non ci avevo mai pensato, ci sto pensando adesso al pezzo:
potrebbe essere un po’ à la Mango effettivamente, non ci avevo pensato…
Mescalina:
Hai lavorato ulteriormente sulla tua voce? In questo doppio album
sembra ancor più che in passato uno strumento tra gli strumenti. Hai
cercato di rendere la tua voce ancora più duttile? Ho notato che dal
vivo c’è un’ulteriore crescita secondo me…
Alberto Ferrari: Bene (sorride, per darsi il tempo di pensarci su un secondo)…ma
sì, più o meno secondo me in ogni disco miglioro qualcosa al livello
vocale, come intenzione e interpretazione, soprattutto come
interpretazione. Lavoro molto su quello e poi anche sull’intelligibilità
delle parole: sembra incredibile (sorride), però lavoro molto
sul fatto che si debba capire *bene* il testo, perché ci tengo che
insomma sia trascritto e compreso esattamente. Lavoro parecch…issimo sulla voce, tantissimo, forse è lo strumento su cui lavoro di più in assoluto…Strumento, oddio (momento di riflessione e di incertezza autocritica-autoironica)…sì, strumento!
Mescalina:
A proposito delle parole e dei testi, io penso che siano molto
evocativi, perché sono dei testi aperti: non sono narrativi, non c’è una
storia precisa e chiusa, ma ogni ascoltatore è chiamato a completarli e
soprattutto il testo completa la musica e viceversa. Penso che sia
quello che dovrebbe accadere nella musica, trovare i suoni più adatti
alla musica e parole che abbiano senso con quella musica. Però, i testi
attirano ancora critiche e a me dà anche un po’ fastidio, perché a noi
che scriviamo dei vostri dischi sale pure un po’ l’ansia: ci sentiamo
quasi “costretti” ogni volta ad affrontare l’argomento, perché i testi
son ritenuti il vostro punto dolente da sempre (sorridiamo). Io penso invece che ci siano molto spesso dei passaggi molto interessanti e molto originali…
Alberto Ferrari: (in un sorriso, sempre un po’ imbarazzato, ma felice, come più in alto) Grazie…
Mescalina:
Mi dà un po’ fastidio perché penso che in Italia si dia un’eccessiva
importanza ai testi, probabilmente a causa della tradizione
cantautorale, (fra)intesa oggi dagli epigoni a volte proprio come
cantante che strimpella due note, per cui l’arrangiamento magari è zero,
ma si dà importanza al testo. Come questo possa essere musica,
sinceramente mi lascia perplessa. All’estero non mi sembra sia così: se
traduciamo anche grandi capolavori della musica internazionale, non è
detto che il testo sia sempre eccezionale come si pretende in Italia.
Alberto Ferrari: Esatto…
Mescalina:
Hai notato anche tu questa importanza esagerata, dato che poi chi
scrive musica, dovrebbe principalmente forse pensare appunto alla
musica, non scrivere necessariamente poesie (sorridiamo)? La
musica dovrebbe essere in primo piano, invece magari le si presta meno
attenzione, anche davanti ad arrangiamenti che quasi basterebbero da
soli. Ripeto, a me piacciono spesso i vostri testi: io li capisco! (ridiamo)
Nel senso che certi passaggi non è detto che rendano sempre letti da
soli, ma con la musica assumono un significato. Però questa critica ai
testi continua ad esserci, proprio perché alla musica si dà meno
importanza in Italia in generale: è un discorso che non vale solo per
voi, ma tra un artista che pensa all’arrangiamento e uno che privilegia
le parole, anche con una musica molto più semplice, si preferisce spesso
il secondo.
Alberto Ferrari: Sì,
siamo in un’epoca in cui si bada molto ai testi. Poi i grandissimi
autori in Italia sono artisti come De André che scriveva testi di gran
rilievo, ma che musicalmente – per quello che conosco e ho sentito – mi
sembra molto classico: a volte forse niente di particolarmente nuovo al
livello musicale, ma tanta roba al livello di testo. Penso la gente qui
sia fatta un po’ così, preferisce ascoltare storie, non vuol essere
allucinata e andare fuori di testa mentre ascolta un pezzo, ma seguire
una logica, qualcosa che li riguarda da vicinissimo, come i testi di
Vasco ad esempio, che sono molto belli perché vicini alla gente, al
lavoratore, insomma, un po’ anche allo sballato…Non si ascolta molto la
musica, sì, si ascolta più il testo, ma non c’è da prendersela troppo: è
fatto così questo paese, era così anche quand’ero piccolo. Per quanto
riguarda la musica estera, non capendo niente, tutti la amano
tantissimo, anche se non capiscono nulla di quello che ascoltano; se
invece sei italiano e dici cose strane, dici cose strane e sei strano,
non sei più normale, sei un tipo strano e anche se fai musiche
pazzesche, vieni messo in un angolo, diciamo, per via dei testi un po’
così criptici.
Mescalina: Io non accetterò mai comunque questa situazione (sorridiamo):
nella musica secondo me conta innanzitutto la musica, altrimenti un
artista fa un’altra cosa, fa il poeta o lo scrittore, non il
musicista…secondo me…
Alberto Ferrari:
Eh, ma è come il calcio, che in Italia è una cosa assurda, a cui gli
italiani sono attaccatissimi: sono fissati per il calcio. Poi in questo
paese non si cambia moltissimo idea sulle cose, si continua a vivere
così un po’ per sempre, no? Vabbè…
Mescalina: Proprio
per ritmo e quindi per metrica che serve nei testi, è difficile
immaginare parole diverse nei vostri testi, perché sono scelte molto
bene per i suoni; però l’italiano non è la lingua più facile per un
certo tipo di canzoni, per alcuni generi come il rock. Avete mai pensato
di fare un disco in inglese, visto che poi quando vi ci siete cimentati
nelle cover, ecc., penso che l’esperimento sia riuscito abbastanza
bene? Vi è mai venuto in mente?
Alberto Ferrari: Sì,
sì, è venuto in mente parecchie volte. A questo giro abbiamo dei pezzi
in inglese che abbiamo registrato prima che facessi il testo in
italiano, però…non lo so, non li ho ancora risentiti, un po’ mi
vergogno. Ho il cd l’ho lì e non riesco a toccarlo, ma un giorno lo
tocco…Vorrei risentirlo, perché dovremmo andare all’estero anche, in
questa tournée, quindi dovrò metterci per forza mano. L’unico modo per
suonare all’estero è avere i pezzi in inglese: ce li chiedono, non
esiste proprio l’italiano. In qualunque forma…comunque…seeempre il testo
non va bene a nessuno! Non va bene né in Italia, né all’estero! (ridiamo parecchio).
Il testo non va bene! Ok! Comunque non sono mai soddisfattissimo della
mia pronuncia, se devo essere sincero: non penso sarà una cosa così
facile…Poi magari risentendo il tutto, è il bello, ma ho dei seri dubbi
per la mia pronuncia, che son sicuro sia uno dei grandi paletti del mio
non fare cose in inglese. Ci piacerebbe anche: sarebbe decisamente
meglio, tutto più semplice; però una volta che ho il testo davanti, lo
canto, poi lo risento ed è pieno di s, r italiane e insomma non va bene!
Mescalina: (rido) Sei molto autocritico, però, eh!
Alberto Ferrari: Sì, ma veramente, non sopporto i gruppi che non cantano bene in inglese in Italia! (ridiamo)
Ce ne son pochi che si salvano, ad esempio i Jennifer Gentle...Quando
li sento in inglese, penso che abbiano una bella pronuncia, non si sa di
dov’è, ma è una bella pronuncia!
Mescalina: Un’altra
caratteristica delle vostre canzoni sono i titoli abbastanza
particolari: penso sia e sarà difficile trovare qualcun altro che vada a
registrare alla Siae delle canzoni con lo stesso titolo.
Alberto Ferrari: (ride e rido anche io) Esatto, di Colle immane non ce ne son parecchie!
Mescalina: Sì, penso anche a Dymo, Caleido, Funeralus in questo nuovo doppio album, o in passato a brani come Balanite, o Non prendere l’acme, Eugenio
(che tra l’altro è un gran pezzo), che insomma avevano titoli
particolari. Come nascono questi titoli? Sono idee che vengono così per
caso o studiate?
Alberto Ferrari: Non lo so, dipende dal titolo: ognuno ha la sua storia. Alcuni sono legati al testo: mi viene in mente Cannibale,
che abbiamo suonato oggi [NdA: alle prove?]; altre sono legate al tipo
di composizione o alla persona con cui le abbiamo scritte: per esempio Dymo è stata composta con Omid Jazi, che era il nostro tastierista durante il tour di Wow, e il titolo è il suo nome al contrario; poi ci abbiamo messo la y. In altri casi sono titoli provvisori come Waltz: il titolo era solo questo, poi ci abbiamo messo del Bounty,
visto che nel testo parlavo del Bounty, che tra l’altro è proprio lo
snack al cocco. Per alleggerire un pochino quella frase lì, che mi
sembrava un po’ tosta, l’ho messo nel verso e poi anche nel titolo. Caleido…si chiamava Caleido fin
dall’inizio: tantissimi, diciamo la metà, sono titoli che diamo prima
del testo, riguardanti solo l’atmosfera della musica. La seconda metà
dei titoli sono strettamente legati al testo.
Mescalina: Ti è mai capitato di notare dei fraintendimenti
divertimenti, degli errori quando il pubblico canta, visto che anche nei
testi ci sono spesso parole non comuni? Mi viene in mente “efedrina” in
Puzzle, ma, anche nel caso di brani del passato per esempio,
mi è capitato di notare che i fan, quando su facebook richiedono dei
brani che non sentono live da molto, spesso chiamano Balanite…Banalite! (ridiamo). Vi è capitato di notare che i fan cantano altro durante i concerti?
Alberto Ferrari: Sì, sì…a volte sbagliano anche solo a cantare: tipo in Sci desertico c’è quella coda che fa (canticchia) “Sci deserti…pausa…co”. Il “co” lo fan tutti fuori tempo! (ridiamo)
E mi viene stra-da-ridere, perché, scusa, possibile? Son tutti lì che
cantano un “co” a caso, anziché seguire me! Oppure…in altri brani mi
seguono: sbaglio io il testo e sbagliano tutti! Mi seguono tutti
nell’errore!
Mescalina: (rido) Beh, non sono tutti facili da ricordare i testi!
Alberto Ferrari: No, infatti…
Mescalina:
Non sono parole comuni, capita! Per quanto riguarda un po’ i concerti,
anche come gestite un po’ la promozione, ecc., io mi sono fatta un’idea,
cioè che a voi interessi più essere che apparire. Per esempio anche per
quanto riguarda le foto con i fan, noto che ci sono tante foto in giro
in cui voi (soprattutto tu, ma a volte anche gli altri) fate facce
buffe, così come dal vivo parlate pochissimo sul palco: siete
concentrati invece a suonare. È una mia impressione o in generale non
siete uno di quei gruppi a cui piace posare, apparire, ma essenzialmente
vi piace suonare e basta? Il resto c’è, sono aspetti che fanno parte
del vostro lavoro (interviste comprese), ma non è quello che vi importa,
mentre ci sono anche gruppi che amano molto mettersi in evidenza.
Alberto Ferrari: Beh,
certo, sì, dipende anche dagli stili, ovviamente…Noi sì, un po’ ci
vergogniamo a fare le foto: gli schermi in generale ci mettono un po’ a
disagio. Però…boh (continua a riflettere un po’ mentre risponde)…sì,
ci interessa suonare sicuramente, facciamo i musicisti: questo è bene
metterlo in chiaro. Noi siamo musicisti che scrivono musica e la
facciamo sentire, però non siamo capaci di intrattenere con nessun tipo
di discorso, ma neanche di scherzare: non riusciamo molto a parlare con
un microfono a tanta gente, la trovo un po’ strana come cosa, invece non
trovo assolutamente strano suonare con dei microfoni per far sentire la
nostra musica. Non lo so, non è mai stato tra i miei interessi espormi
come personaggio, parlare, fare discorsi, se non sulla musica: io so
molto bene quello che riguarda i Verdena, ma per il resto…
Mescalina:
No, ma io lo ritengo un bene: penso che questo vostro atteggiamento sia
un segnale che non vi sentite dei divi. Questa è la mia idea, poi non
so se c’è qualcuno che lo ammette: “Sì, ci siamo montati la testa!”. La
mia impressione è che non sia il vostro caso...
Alberto Ferrari: Ma
come ci si fa a montar la testa in un Paese lungo 1400 km? È
impossibile! Ma poi non siamo neanche Vasco, Ligabue, non siamo a dei
livelli tipo i Modà…
Mescalina: (rido)…e meno male!
Alberto Ferrari: Siamo un gruppettino piccolo! Voglio dire…abbiamo ancora tanta strada da fare secondo me…
Mescalina: Beh, vabbè…(ridiamo)
Alberto Ferrari: Il primo obiettivo è essere capiti!
Mescalina:
Beh, ma i risultati soprattutto ultimamente si sono visti, dai…Poi è
ovvio che se parliamo di certi livelli, se mi nomini Vasco o i Modà,
vabbè…ma magari è anche un bene non essere così…
Alberto Ferrari: Sentirsi un divo secondo me è…non so…non so (ci pensa un secondo)…non
riuscire ad andare in giro, avere un sacco di soldi…potersi permettere
di fare quello che vuoi, comprare quello che vuoi…le chitarre che
vuoi…eh, un po’ così…(sembra si sia un pochino intristito,
fantasticando su questo argomento, ma invece riprende con verve
autoironica, un po’ ridendo in tutto il racconto) La nostra è più una vita da muratori, direi! (Io rido)
Sì, la vedo molto simile a una vita da muratori: viaggiamo tantissimo,
in giro per l’Italia…dormiamo sempre un cazzo…siamo sempre al limite con
i soldi. Dovremmo fare un disco per logica ogni due anni, ma ovviamente
ne facciamo uno ogni quattro, per cui finiamo tutti soldi…Non è proprio
una vita da divi.
Mescalina: Eh, di questo c’è poca percezione, ma la musica in questo momento spesso è anche questo.
Alberto Ferrari: Sì,
assolutamente! Tanti gruppi sono come noi…Siamo anche un nome
abbastanza grosso rispetto ad alcuni, voglio dire, ma…non è come una
volta, non è come negli anni ’80 di sicuro.
Mescalina: Anche a questi livelli ci sono dei momenti in cui il successo esalta e altri in cui può anche spaventare?
Alberto Ferrari: Sì,
a me spaventa sempre un pochino: un po’ ci tengo che non esplodiamo
appunto à la Vasco. Sarebbe un cambiamento grosso: non si sa mai, fai un
disco, esce un singolo e diventi superfamoso, per cui un po’ di paura
di questo c’è all’inizio, però poi quando vedi che si sviluppa sempre
bene, va tutto per il verso giusto, passa…Giusto il periodo dell’uscita
di un album, tipo da un mese prima a un mese dopo l’uscita di un disco
c’è un po’ di percezione strana, un po’ di agitazione, dovuta anche alla
qualità di quello che stai dando, che speri sempre sia perfetta…o
almeno una buona qualità…
Mescalina: Invece dal vivo? Ci sono momenti di tensione?
Alberto Ferrari:
Certo, come anche in sala prove, è uguale…Sì, sì…ogni tournée ha i suoi
scleri, diciamo! Almeno 3-4 date su 60 sono molto calde!
Mescalina:
A proposito di questo, c’è stato in questo tour a volte qualche
problema, forse a gestire anche i volumi, visto che sono molto alti?
Magari alcuni posti non sono sempre attrezzati bene come acustica o
impianti…
Alberto Ferrari: Non lo so,
perché noi sul palco abbiamo tutto un altro ascolto rispetto a giù:
forse quest’anno ho meno volume sul palco rispetto agli anni passati. La
percezione fuori è molto diversa da quella che hai sul palco: a volte
sul palco suona pianissimo, ma fuori è fortissimo e la gente ci viene da
dire “Ci avete spaccato le orecchie, cazzo!”. E invece a me verrebbe da
dire: “Cazzo, io non sentivo un cazzo! Mi sembrava di suonare con una
batteria giocattolo!”. Non lo so, è molto soggettiva come cosa, dipende
molto dal posto, non ti saprei rispondere. (ride) Volumi alti…bisognerebbe chiedere al nostro fonico: “Che cazzo stai facendo?” (ridiamo) Perché? Sono altissimi?
Mescalina: Eeeh, sono abbastanza alti. A Vasto credo ci fosse proprio qualche problema…
Alberto Ferrari: …sulle basse?
Mescalina:
Sì, sulle basse…Non è successo solo a voi, capitò il giorno dopo con
James Blake, o nella stessa data durante il set di Gazelle Twin…
Alberto Ferrari: Ah
sì, c’ero durante l’esibizione di James Blake, ho sentito anche io che
c’erano tante basse, ma non eran male: era un piatto da discoteca quello
che avevan messo giù, con tanti sub [subwoofer], quindi tendeva molto a
far sentire le basse. Dipende dai gusti…
Mescalina: Più
che altro il problema era sotto il palco: allontanandosi si sentiva
molto meglio, ma sotto il palco c’erano dei momenti…
Alberto Ferrari: Ah, sotto il palco era da vomito di sicuro per i volumi! (ridiamo) Ci saranno state delle vibrazioni, cazzo…
Mescalina: Voi siete rimasti legati a certi luoghi, Albino, i
boschi, l’Hen House, ecc. In questi anni pensi che siate rimasti più
fedeli ai posti, alle persone che vi abitano (vecchi amici, ecc.) o alla
musica che ascoltavate agli esordi? O a tutte e tre?
Alberto Ferrari: A tutte e tre, di sicuro! (sorride)
Forse primi in classifica metterei i luoghi: i boschi, ecc. sono molto
importanti secondo me: son delle visioni. Mi piacciono gli alberi in
generale: cambiano, in inverno son tutti spogli, poi hanno tutto un
altro stile, sembra un videogioco. Poi gli amici di sicuro e…l’ultimo
cos’era? La musica? Sì, sì, anche quella resta.
Mescalina:
A proposito di amici…voi tre vi sostenete e vi compensate nei momenti
di difficoltà, come se foste tutti una famiglia, visto che ormai anche
Roberta sarà come una sorella? Immagino poi ci sia anche un certo
livello di confidenza, per cui, anche quando può capitare una
discussione, potete dirvi le cose chiaramente, al contrario di quello
che magari può capitare tra un solista e dei turnisti.
Alberto Ferrari: Sì,
sì, ci spariamo tutto addosso, qualunque cattiveria: però dopo si sta
bene, dopo aver vomitato la cattiveria. Un attimino ci vogliono queste
pulizie mentali, anche per le piccolissime cose…
Mescalina: E riuscite anche a compensarvi caratterialmente, magari nei momenti di dubbio, difficoltà e incertezza?
Alberto Ferrari: Sì,
sì, penso di sì. Non abbiamo mai avuto problemi: proprio i momenti di
buio totale, come quando sono quattro anni che non fai uscire un disco,
sono quelli in cui si sta molto più uniti; quindi direi che la cattiva
sorte ci unisce ancora di più!
Mescalina: È stata in
fondo un’ottima idea quella di dividere il disco: è stata una scelta
discografica, ma in questo modo il volume 2 di Endkadenz è uscito durante le ultime date del tour estivo e di solito non succede che esca un disco mentre si è in tour…
Alberto Ferrari: Esatto, sì, sì: ai Beatles succedeva, tipo, mi sembra! (ridiamo)
Mescalina: Con tempi molto stretti tra un disco e l’altro…
Alberto Ferrari: Eh sì…
Mescalina:
Con un’uscita a fine gennaio e una a fine agosto però ci avete un po’
viziato: tra altri sette mesi non succederà nient’altro? (sorridiamo) Tipo un disco in acustico o un album live, magari in un cofanetto con gli altri due? No, eh?
Alberto Ferrari: Non lo so! (sorridiamo)
Per ora stiamo pensando solo alla tournée, poi a quelle cose lì ci
pensa Universal, a far uscire delle cose…So che stanno ristampando tutti
i vinili: dovrebbero essere già usciti alcuni, altri stanno per uscire.
Poi non so cosa vorranno fare di noi in primavera, ad esempio, o
l’estate prossima. Io spero di tornare in studio entro l’estate
prossima.
Mescalina: Il tour comunque proseguirà anche dopo dicembre?
Alberto Ferrari: Sì, e lì speriamo di fare parecchio estero! Punteremo molto a quello, vediamo…
Mescalina:
Ti chiedevo del disco in acustico, perché non siete passati con gli
showcase dalla Puglia e non ho potuto vedere le date di presentazione di
persona, ma ho visto dei video sul web e ho notato che brani nuovi come
Cannibale, Dymo e Lady Hollywood suonano
molto bene anche in acustico. Penso sarebbe bello prima o poi far uscire
un disco in acustico, anche live e fare qualche data…
Alberto Ferrari: (un po’ pensieroso/sospiroso) Non lo so…
Mescalina: La vostra quintessenza è in elettrico, ma anche in acustico…
Alberto Ferrari: No,
no, no, ma mi piace molto lo spazio acustico: ci siam divertiti
parecchio a fare ‘ste cose, ma non lo so, penso che dopo che saranno
finiti questi mesi e avremo fatto l’estero, saremo distrutti e avremo
voglia solo di fare un altro disco. Non lo so, ma potrebbe anche essere,
perché comunque ce la stanno chiedendo in tanti questa cosa: è una cosa
che ronza nelle orecchie...ma non è nei nostri programmi, diciamo…per
adesso…(sorride) Adesso tournée e tournée all’estero sono le nostre priorità.
Mescalina: Un’ultima domanda: avete iniziato a provare i nuovi brani per la seconda parte del tour? Che impressione vi stanno facendo?
Alberto Ferrari: Mah…sono molto complessi, molto più difficili da trasformare live rispetto ai brani del volume uno, tanto che Joseph [nda: Giuseppe Chiara], il quarto membro, si fa un culo così a ‘sto giro: suonerà con cinque mani…e…sette piedi! (ridiamo).
È un disco molto difficile anche da interpretare: lo stiamo parecchio
provando ed è molto divertente, ma anche difficile nello stesso tempo,
per cui bisogna essere presi bene, essere tranquillissimi e liberi,
perché ha tutte le sue tensioni, è una cosa allucinante, per cui
all’inizio adesso ti senti sempre un po’ così…disperso. Poi ti abitui…e
spero che quando arriveremo a suonare, saremo pronti.
Mescalina:
Ma sì, sicuramente. Vi faccio tanti auguri, perché penso che questo sia
il vostro anno indubbiamente: già il primo volume di Endkadenz
era notevole, ma credo che con l’uscita del secondo sia chiaro che voi
siete il gruppo italiano dell’anno. E non solo: penso che il disco nel
complesso con i due volumi sia il disco italiano dell’anno…
Alberto Ferrari: (sempre un po’ contento e un po’ imbarazzato dinnanzi a un complimento) Grazie! (sorride)
Mescalina: In bocca al lupo per la seconda parte del tour e grazie mille per questa intervista.
Alberto Ferrari: Grazie a te: ci vediamo in giro! A qualche festival! Dai…
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