mercoledì 29 luglio 2015

Le band bergamasche intervistano i Verdena

Intervista a cura di Giorgio Moratti Fotografie, riprese e montaggio a cura di Alessandra Beltram.
http://www.ctrlmagazine.it/le-band-bergamasche-intervistano-i-verdena/#nomeancora
 FOTO DI: ALESSANDRA BELTRAME

PLASTIC MADE SOFA
A cosa stavate pensando quando avete scritto Ho una fissa?
(A) L’abbiamo scritta tutti e tre insieme ma non mi ricordo a cosa stavamo pensando, sinceramente. Credo che non stavamo pensando a niente. (R) Il pezzo in realtà all’inizio si chiamava Omofisso. (A) Poi Luca ha trovato il titolo Ho una fissa, molto meglio di Omofisso che faceva davvero cagare.
Di cosa si nutrono le vostre canzoni quando non siete sul palco? Cosa vi trasforma e cosa vi fa rimanere voi stessi?
(L) Alla fine si suona e basta, quindi penso sia quello, cioè proprio il piacere dello strumento e di suonare. (R) In fin dei conti in saletta siamo noi tre. (A) Io spero che chiunque rimanga genuino
nella propria vita artisticamente parlando. (R) Siamo sempre alla ricerca di soluzioni nuove, nel senso che non ci va di fossilizzarci. (L) Magari a tanti non piace questa cosa perché sai, il pubblico si affeziona alle cose, ma se ti siedi poi il rischio è quello di diventare impiegati della musica. (A) Paradossalmente ciò che ci fa rimanere noi stessi è proprio il cambiamento. (L) Se facessimo dischi meno ricercati sarebbe più facile, anche venderli. Invece sperimentare può farti scontrare anche con ore di nulla durante le quali ti viene da pensare “faccio schifo”. (A) Sperimentando si trova anche un entusiasmo maggiore, che alimenta la voglia di continuare con lo stesso spirito. (L) Le nostre canzoni si nutrono di tante cose… [ride, ndr]. (A) Ma anche di
 quello che ascoltiamo, perché come diceva George Harrison, “quello che mangi finisci per cagarlo”, ed è esattamente quello che succede nel cervello. Anche la musica che senti al ristorante o dal benzinaio ti influenza. Siamo influenzati anche dagli One Direction. Anzi, li sto ascoltando un sacco, perché mio figlio è un po’ impazzito e, va be’, mi tocca ascoltarli ma poco male, alla fine sono come gli Weezer senza distorsione (ho sputtanato gli Weezer in questo momento…). Comunque ieri sera guardavo i dischi e basta, li guardavo ma non ho ascoltato niente. A volte li guardo e basta. Ho letto molto. Invece Achtung Baby degli U2 l’ho ascoltato ed è sempre bello quel disco.


ANDREA ARNOLDI E IL PESO DEL CORPO
Alberto sei ancora in fissa per Anima Latina?
(A) No, era una fissa di Wow, quindi di circa 6 anni fa. L’ho letteralmente spolpato quel disco anche se poi ho provato ad ascoltare bene altri dischi di Lucio Battisti ma non mi hanno colpito nello stesso modo. Comunque è passata la fissa, è durata circa 3 mesi.
Roberta: nella musica italiana di sempre, qual è secondo te la canzone con il giro di basso per eccellenza?
(R) Non ascolto musica italiana, ma mi ricordo che quando ho sentito per la prima volta gli One Dimensional Man che aprivano al concerto dei Kepone nel 97/98 (noi eravamo andati per sentire loro) ero rimasta colpita dal suono di basso di Pierpaolo Capovilla: bello cattivo, tosto. Ho pensato: “Anche io voglio un suono di basso così”. Suonavo il basso da poco, quindi ero andata a chiedergli che amplificatore usasse perché mi piaceva e non sapevo nulla di ‘ste cose. (A) Il problema è che non ascoltiamo la musica italiana quindi magari ci stiamo sbagliando di grosso. (R) Forse anche qualcosa degli Scisma. Però per intenderci il giro di Elefante è ispirato al suono dei Kepone e, tra l’altro, è uguale anche a un giro dei Kyuss.
Luca: se perdi le bacchette, dove le cerchi?
(L) Adesso ho il porta bacchette sul timpano… Ma intende durante un live o nella vita? (A) Un giorno io diventerò cieco. Lui perde le bacchette ma nel senso che mentre stiamo suonando gli partono fiuuu e io sono di fronte a lui in saletta. Se mi prende in faccia mi uccide. (R) Io invece rischio di essere decapitata perché suono vicino al crash e ogni tanto cade. (L) A volte mi fermo proprio perché sento che le bacchette si stanno rompendo a metà e se vado avanti rischio che mi partano. (A) Hai presente se mi prendi sulle corde vocali? Chissà che versi escono. Poi registriamo tutto quindi magari esce qualcosa tipo “Waaaa!”. L’ultimo verso… Figata.
Quando gli archeologi del prossimo secolo disseppelliranno una copia di Endkadenz, che idea si faranno della musica di oggi?
(A) Ah trovano solo quello? Be’ se trovano solo quello e non trovano Beatles o altro, potrebbero anche apprezzare… Solo che poi dovrebbero trovare anche il modo di ascoltarlo. Speriamo che gli pigli bene se no è finita, non si suona più.



RICKY E I SUOI AMICKY (EX ABORTI MANCATI)
Luca: “Avevo fatto una prova con gli Aborti Mancati ai tempi, ma sono stato scartato”
Quand’è che mi chiamate ancora per pitturare la casa?
(A) Chi ha chiamato Ricky per pitturare la casa? Io? (R) Be’ io presto dovrei fare qualche ritoccatina quindi chissà…
Roberta ha le pareti rosse e bianche, Alberto nere e bianche, Luca bianche.
Come sta lo Zio Fabrizio?
Sta bene, è in forma.


FOTO DI ALESSANDRA BELTRAME

SPREAD
Se stenuate in più non siete più anoidi?
(R) Che stronzi [ride, ndr] (A) Certo, solo nei mesi bisestili. In realtà è una frase dei Gea, un altro gruppo bergamasco, però l’ha tirata fuori Enrico degli Hogwash, che aveva un quadernino pieno di parole assurde e neologismi inventati da loro. L’ho letto perché avevo bisogno di parole e quindi “stenui”, “bisestile”, “anoide” cioè a forma di ano, “mestile” che sono le mestruazioni ma bisestili. Insomma tutte cose così, invenzioni bergamasche. (L) Strabello registrare Viba EP. (A) Sì, l’abbiamo fatta nello studio degli Hogwash.
In un futuro ci sarà la possibilità per i vostri fan di avere una pubblicazione di alcuni brani nella versione originale in inglese?
(A) Non è inglese, è maccheronico, questo è il problema per il quale non pubblichiamo mai niente. (L) Abbiamo anche un sacco di jam strabelle, però lui canta in quella lingua lì, che alla fine comunque sembra inglese. (A) Sì, Nik diceva che sentiva delle frasi con un senso, anche se in verità dicevo parole a caso. (L) Ci abbiamo pensato spesso a pubblicare. (A) Il Suicidio del Samurai è molto meglio in inglese che in italiano. (L) Anche Muori Delay è una bomba. (L) Per Endkadenz i primi 7 pezzi li abbiamo fatti sia in inglese, sia in italiano, ci hanno aiutato Frederik dei Sonars e Nik, ma poi il lavoro diventava troppo e Alberto stava impazzendo. Abbiamo mollato lì e siamo andati avanti con l’italiano. L’idea iniziale era quella di fare anche i pezzi in inglese perché all’estero ci han detto che l’italiano non funziona. (R) L’italiano è una lingua musicale a detta di tutti gli stranieri, ma la questione va al di là del testo, è proprio di credibilità degli italiani fuori dall’Italia, non vengono presi in considerazione. (L) Poi quando suoniamo all’estero la gente che ci sente apprezza. (R) Sì, alla gente piaceva ma quando chiedevano che lingua fosse quella dei testi c’era molta sorpresa nel capire che dall’Italia potesse uscire qualcosa di rock. (A) Ma il problema non è la gente, sono le etichette straniere e questo problema potrebbe essere anche superato. (L) Magari tra 120 anni.



SONARS
Alberto: Sanno tutto di noi, che domande vogliono fare? [ride]
Cosa ne pensate dell’utilizzo di iPad e smartphone come veri e propri strumenti musicali, grazie alle migliaia di applicazioni disponibili?
(A) Già sa! Comunque ci siamo divertiti un sacco a usare iPad e app per fare orchestrazioni, trombe… (L) Suoni strani (R) Sempre come sovra incisioni, mai come punto di partenza. (A) Mai fatto un pezzo partendo dall’ iPad di sicuro, però si potrebbe in futuro. (R) Nel senso, ci viene in mente che in un punto della canzone ci starebbe bene una tromba ma conosciamo un trombettista che sia qua fra 10 minuti? No. Allora proviamo con l’iPad. (A) Che in realtà sembrano proprio delle trombe vere, riescono a fingere anche gli sbagli ed è più veloce. In fase di registrazione l’iPad è servito anche per le voci, loop o addirittura cori su multi traccia. Anche live abbiamo questi supporti. L’importante è avere strumenti nuovi e poter provare un sacco di cose in più, l’apertura fa parte della sperimentazione.
Riguardo alla registrazione so che avete usato dei microfoni a nastro degli anni ’40 e ‘50, che gli stessi Elvis e Johnny Cash utilizzavano. Quali differenze avete notato rispetto ai microfoni moderni da studio?
(R) Sono più sporchi. (A) Proprio nel senso che puzzano, sono pieni di polvere. Poi, a parte il discorso relativo al risultato tecnico dei microfoni anni ‘50 e ’60, che comunque sulla voce tanta roba, gli odori dal vivo fanno la differenza, di brutto. Anche quando stai suonando e senti l’odore di costine per esempio mamma mia… Gli odori influenzano parecchio, anche l’odore di ascelle, quando stai suonando dal vivo e ti arriva la svampata e dici, cazzo, sto sudando, strabello. Fa un bell’effetto, mi riempie di gioia. Mentre in saletta l’odore di ascelle meglio di no. Però forse non volevano sapere questo i Sonars.

CORNOLTIS
Cosa ne pensate degli abusi edilizi nella Valle del Lujo?
(R) Bestemmiamo ogni volta che ci passiamo davanti. (L) C’è stato un brutto momento, anni fa, che l’ha proprio devastata. (R) La cosa più triste è che la metà delle cose che han costruito son vuote, le fabbriche che erano aperte ora sono quasi tutte chiuse e già questo mette tristezza, mentre le palazzine, le villette, le case nuove sono invendute e quindi ti girano doppiamente i coglioni. (L) D’altronde dovevano lavorare, sai, così dicevano… Era più o meno nel 2006, il periodo era quello di Requiem e in Caños il tema è sicuramente presente. (A) Sì, anche abbastanza chiaro, ci siamo fatti capire. (L) Poi sono influenze che passano, purtroppo ci si abitua anche al brutto. (A) Ormai il coso grigio è lì.
Siete soliti non tirare l’acqua dopo aver urinato?
(R) Io ovviamente no. Cioè sì, tiro l’acqua. (L) A me ogni tanto piace pisciare nel lavandino. Anche per sperimentare suoni diversi [ride, ndr]. Anche nel camino era successo. (A) La cosa migliore è cagare e pisciare nello stesso momento.
Cosa ne pensate di Zucchero Fornaciari?
(R) Ha scritto delle belle hit [ride, ndr]. Ogni tanto ci divertivamo a cantare le sue canzoni. (A) È uno dei pochi italiani che ci divertono. La musica italiana non è molto divertente. Ascoltando Zucchero non mi sento così infastidito. Di solito sono infastidito dalla musica italiana, ma lui non è così patetico e paranoico. E poi copia tutto, non gliene frega un cazzo, fa straridere tutto questo. Cioè non è che copia, la melodia magari è la sua però alcune cose proprio… Woman/Donne per esempio…
Come si mette la distorsione?
(A) Col piede. Se no puoi alzare l’input del canale e metti la distorsione con la distanza, avvicinandoti.

SAKEE SED
Spesso il pubblico e i giornalisti vi definiscono “alieni”, “spaziali” o “supersonici”. Credete in altre forme di vita che pilotano dischi volanti nello spazio? Se sì, che musica ascoltano secondo voi?
(L) Io ci credo e ascoltano The Piper at the Gates of Dawn, il primo disco dei Pink Floyd. (A) Anche io ci credo. Sarebbe interessante avere uno scambio musicale con gli alieni per vedere che cosa hanno inventato loro, sarebbe musica completamente diversa. Oppure ascoltano Zucchero, copiano Zucchero. Tutti che si vestono uguali. Tutti uguali, anzi tutti Zucchero. Il pianeta di Zucchero.
Ci vendete il furgone rosso?
(R) Sì, subito. Anzi no, Luca ci è troppo affezionato quindi non si può. (A) Eh sì, colpa sua, non vuole separarsene, ehm ehm… (R) Ci costa un sacco e non possiamo usarlo perché non ci stanno gli strumenti e per i viaggi lunghi non va bene. (L) È un po’ vecchio lui, però va da dio, va ovunque… Glielo affittiamo a un buon prezzo [trattativa in corso, ndr]. (R) 50 al giorno e la chiudiamo lì. Comunque abbiamo forato recentemente, quindi è fuori servizio al momento, ma di venderlo non ce la sentiamo.


LE CAPRE A SONAGLI
In Endkadenz si sente un grosso lavoro di sperimentazione, secondo noi c’è anche un corno inglese equalizzato sui 1000. Confermate?
(L) [ride, ndr]. (R) No, francese! (A) Se equalizzato sui mille non ricordo, però il corno francese l’abbiamo usato in Diluvio. Comunque è uno di quei suoni resi con l’iPad e ce n’è molto di più in Endkadenz Vol. 2 rispetto al Vol. 1.


VERBAL

Da 20 anni dovete fare i conti con il mercato della musica in Italia, con le case discografiche, con la promozione, con i giornali. Come combattete il conformismo?
(A) Non lo combattiamo direi. Adesso sono una macchinetta nel rispondere alle interviste, prima ero più combattente. (L) Durante Requiem non ne rilasciavamo. Avevamo un comunicato stampa quasi completamente vuoto. Sai quella roba che mandi ai giornali in cui già un po’ te la tiri da solo, “siamo un gran gruppo” eccetera, in cui descrivi anche i pezzi e poi i giornalisti usano le tue frasi nelle recensioni. Ecco, invece per Requiem non avevamo fatto niente, erano state scritte solo le informazioni base. (A) Quest’anno quando è uscito il disco ho risposto veramente alle stesse domande per due mesi, cinque volte al giorno. A un certo punto ripetevo le stesse cose ed ero anche contento perché mi ricordavo esattamente le stesse risposte, con le stesse parole. Un tempo invece rispondevo sempre in modo diverso, a ogni giornalista davo versioni differenti, almeno mi divertivo un po’.


Siete ricercatissimi per interviste da chiunque si occupi di musica. Qual è domanda che vi sta più sui coglioni?
(L) Quella roba di Endkadenz è insopportabile. Spiegare il perché del titolo, la storia del tipo che si schianta dentro. (A) Ma no quello è bello da spiegare. Invece le domande sul mondo indie non le sopporto. Ci mettono sempre in questo mondo indie del quale non mi sento appartenere. Tutti insistono ma non è vero che siamo indie. Noi siamo stra indie! (R) A me da più fastidio quando chiedono “a chi vi siete ispirati per scrivere questo disco?”. Andresti mai a chiedere a uno scrittore “a quale scrittore ti sei ispirato per scrivere il tuo ultimo romanzo?”. Cioè è un po’ offensivo. Al massimo puoi chiedere che musica hai ascoltato in questi anni. (A) Come se fosse automatico ispirarsi a una cosa in particolare. Invece magari Zucchero sarebbe felice di rispondere a una domanda così. Un’altra domanda è “cosa vogliono dire i tuoi testi?”. Ma come i miei testi? Tutti? Tutti devono voler dire una sola cosa, la stessa? Sulla singola canzone è diverso. Poi è ovvio che i miei testi non vogliono dire un cazzo [ride, ndr].

 RICH APES

Quanto conta per voi il legame con la natura? Ispira la composizione dei vostri brani e vi trovate mai a scrivere nutrendovi dell’energia che offre il bosco?
(L) Non abbiamo mai scritto nel bosco. Al mare alcune robe. E poi la nostra saletta non ha finestre. (A) Quindi natura morta, mortissima, al massimo qualche ragno. Noi siamo cresciuti nel bosco quindi lui c’è nella nostra musica, ma è un’influenza intrinseca. (L) Anche se una bella tendata dà sempre una bella carica. (A) E qui si torna a Caños
Al di là del nome Verdena, di che colore è la vostra musica?
(R) Dipende dal pezzo: ci sono pezzi neri, pezzi gialli… Pezzi Fuxia! (A) Cerchiamo di assomigliare a un arcobaleno. Però c’è anche il nero. Un arcobaleno con i contorni neri. Cerchiamo di essere colorati ma, ahimè, siamo circondati dall’oscurità.

FIRST CLASS PASSENGER
Oltre all’aspetto prettamente musicale, in cosa deve impegnarsi una band proveniente da un contesto provinciale per emergere?
(L) Suonare tanto, fortuna… (A) La comunicazione anche. Ma un ufficio stampa funziona bene se funziona bene la band, è un gioco di squadra. Anche se un gruppo ha dei limiti bisogna trovare il bello che sta nel brutto, bisogna essere molto autocritici. Noi lo siamo, ci odiamo. Io non riesco ad ascoltare i nostri dischi. Continuo a volerli ascoltare ma non riesco, li ascolterò da vecchio, prima di morire me li riascolto tutti. Li guardo e basta. Ogni tanto cerco su YouTube i nostri live per ricordarmi i pezzi, come mettere il distorto e come schiaccio i vari pedali, soprattutto delle canzoni vecchie. Però al massimo rileggerò la risposta alla domanda “come si mette il distorto?”. (L) Io invece preferisco ascoltare le registrazioni. (R) Anche io preferisco da disco.
Come vi sembra Grooviera come titolo di un album?
(R) Per un gruppo dub demenziale sarebbe perfetto.

GOTTO ESPLOSIVO
Quanto vi sentite in dovere di assecondare il vostro pubblico sia nella scelta della tracklist dal vivo, sia nelle scelte compositive?
(L) Qua torniamo in pieno su una discussione aperta settimana scorsa. (A) Cerchiamo sempre di scombinare l’ordine, ma soprattutto per l’ultimo tour lo scheletro rimane sempre fisso e dentro ci si gioca un po’. (L) La questione è che ora, avendo più pedali, tastiere e storie malate, dovremmo cambiare strumenti ed equalizzazioni varie a ogni pezzo, invece cerchiamo di trovare un buon compromesso.
C’era in Val Seriana qualche realtà musicale prima di voi che vi ha spronato a prendere la via della musica?
(R) Hogwash. Andavamo a sentirli suonare all’epoca quando eravamo piccoli, e per noi erano un grande riferimento. (L) Andavamo a sentire tutti in verità, ma gli Hogwash sono stati i più avanti. Sono stati i primi a registrarsi da soli, ad avere i pedalini strani, arrangiamenti strani. Tailoring, il loro secondo disco era davvero malato. (A) Comunque anche adesso i gruppi di Bergamo ci danno molto.

FLETCHER

Da cosa sono state dettate le scelte di suoni in Endkadenz, soprattutto in fase di missaggio? L’approccio in tal senso è stato diverso rispetto ai dischi precedenti?
(L) È stato completamente diverso. (A) A livello sonoro tutto entra in qualche cosa di nuovo rispetto ai dischi precedenti. (R) Siamo proprio partiti dai suoni, mentre in passato non era così. Componevamo le canzoni e poi in fase di registrazione sperimentavamo amplificatori e strumenti diversi. (A) Il suono di Endkadenz è nato circa 5 anni fa, finito l’ultimo disco, esattamente dopo le date in Sardegna.
Cosa ne pensereste se qualcuno facesse un gruppo tributo ai Verdena?
(A) Ne abbiamo beccato uno in Costa Rica, anzi no alle Filippine, o in Thailandia. (L) Be’ comunque se si divertono loro… Il nostro consiglio resta comunque quello di fare pezzi propri.

IL BEPI
La scelta dell’analogico è da lodare, soprattutto perché vera. Ha anche ripercussioni sul lato commerciale? E, se la scelta derivasse esclusivamente dalla qualità dell’ascolto proposto, non sarebbe un po’ come combattere l’inquinamento andando in giro col calesse?
(L) Il problema dell’analogico è il lato economico: i tecnici costano, le bobine costano, le macchine le devi sempre riparare. (A) È una spesa apocalittica il nastro. Poi il risultato è fantastico. Ma per intenderci a un gruppo esordiente non ci sentiamo di consigliarlo. (L) Conviene registrare su 4 piste a cassetta. (A) No bè Luca, conviene il digitale [ridono, ndr]. (R) Dal punto di vista commerciale non credo ci siano ripercussioni, chi vuoi che se ne accorga, solo gli appassionati. Può essere che incida un po’ dal punto di vista della comunicazione, mi vengono in mente i Radiohead dell’epoca che avevano chiamato il disco OK, Computer. Poi la musica ormai si ascolta su supporti dove non si può capire la differenza fra analogico e digitale, ma la nostra è una scelta esclusivamente artistica.
Quanto conta da 0 a 10 ai fini di quel che fate l’essere bergamaschi?
(A) 6! (R) Lo siamo, quindi conta! (A) La musica bergamasca, il rock bergamasco che gira ha un qualcosa in comune, una cosa incredibile. Penso sia per via della città stessa, devi stare davvero attento per sentire tutte le piccolezze. Ascoltavo ieri Le Capre A Sonagli e si capisce che sono bergamaschi. La musica bergamasca ha un’impronta. (R) Se fossimo cresciuti, che ne so, a Palermo, non avremmo fatto i dischi che abbiamo fatto, sarebbero stati diversi.

MOOSTROO
Perché la scelta di produrre un disco così mostruosamente distorto e autarchico?
(A) 5 anni fa ci hanno regalato un pedalino che ha un suono mostruoso e da lì è nato tutto. Ma in realtà la batteria e il basso sono molto puliti. E’ una cosa contrastante, poi salta all’orecchio il distorto della chitarra ma non tutto è così distorto. Siamo partiti dai contrasti e il disco ha preso forma in questo modo.
Cosa ne pensate della mostruosa scena bergamasca?
(A) Ci sono molti gruppi che ci piacciono e con i quali, quando possibile, cerchiamo di suonare: Spread, Capre a Sonagli, Sonars e i Rich Apes con cui suoneremo al Filagosto il 6, ma ce ne sono tanti, davvero. (L) I Rich Apes hanno fatto un gran disco. Sto ascoltando anche i Midnight Breakfast, un bel disco blues melodico. C’è tanta roba e in tutti c’è un tocco di psichedelia. (A) In tutti c’è anche un tocco di nuovo, è davvero un bel momento per la scena bergamasca.



 











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