Il prete rock porta la band nel Cilento
Il 5 giugno il gruppo bergamasco aprirà il Meeting del mare.
Don Gianni Citro, 45 anni, parroco a Marina di Camerota, in provincia di Salerno, organizza dal 1996 il Meeting del mare, frequentato da 30 mila ragazzi al giorno, sulla spiaggia del Cilento. Amico di Caparezza, J-Ax, Piero Pelù e Franco Battiato, don Gianni sceglie in prima persona i gruppi che si esibiscono. Quest’anno ha voluto che ad aprire l’edizione numero 19, il 5 giugno, fossero i fratelli Alberto e Luca Ferrari e Roberta Sammarelli, ai quali si è aggiunto per il tour Giuseppe Chiara. Alla base della sua scelta c’è la convinzione che la fede sia un valore assoluto, ma che le omelie siano fuori moda. Molto più efficaci per arrivare ai giovani, secondo lui, sono le sferzate delle chitarre elettriche.
«I Verdena sono sempre
una bella sorpresa — è l’opinione del prete fan —. All’inizio cercavano
di seguire le orme dei Nirvana, poi si sono consolidati con il loro
stile. In una scena rock che si sta annacquando, loro sono intensi». Don
Gianni, che li ascolta fin dagli esordi, li ha visti dal vivo tre
volte: al festival di Eboli quindici anni fa quando presentarono il
disco di debutto, poi nel 2008 a Roma e quattro anni fa al festival di
Sant’Arsenio, nel Salernitano, nell’ultimo tour prima che si mettessero
al lavoro per Endkadenz. «Dal
vivo picchiano duro, ma con quel sapore di genuinità, sono veri, mai
artefatti. A volte, certe esibizioni sono invenzioni gratuite e
arroganti, al contrario i Verdena portano sul palco un risultato
dell’anima», commenta il religioso. La sua canzone preferita è Balanite, tratta da Il suicidio del samurai,
per il linguaggio metaforico. «Sono steso su un cielo-fan che
opportunamente ho disteso per me, ora commentami un giorno come non lo
hai fatto mai», cita l’attacco, a memoria, il don. «L’immagine del cielo
mi è molto cara e il cielo-fan o cellophane dà il senso dello strato
sottile che ci può proteggere sulla terra, ma anche il distacco da
un’altra dimensione ultraterrena», è la sua interpretazione. La kermesse
quest’anno ha per tema l’interiorità. E i rocker bergamaschi sono
perfetti perché «raccontano il dolore adolescenziale, la sofferenza
dell’io e del mondo, le loro canzoni sono confessioni in ginocchio, è
come se i tre musicisti si aprissero al confessore che è il loro
pubblico con testi introspettivi, senza riserbo o vergogna».
Studioso di filosofia e
allievo di canto al conservatorio, fino a 25 anni don Gianni ascoltava
il barocco napoletano che si ferma al Settecento. Poi il rock
l’ha travolto. «È una pagina rivoluzionaria e di grande umanesimo — dice
—, apre la testa, riporta i giovani sul giusto cammino».
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