
Ma davvero sono italiani?
I Verdena sul palco dell’Exit: per l’occasione, lunga chiacchierata con il batterista Luca. Tra i testi in italiano, il produttore degli MGMT e… la legge del taglione.
Da Albino all’Europa, la strada è sorprendentemente breve. Anche se alle spalle c’è più di un decennio di sudore, palco e studio.
I Verdena sono, oggi, l’unico gruppo italiano capace di rappresentare il tricolore senza sfigurare nel marasma rock mondiale. E perciò l’unico gruppo a poter salire sul palco dell’Exit a testa alta.
Abbiamo intercettato Luca, dietro ai tamburi della band di Valvonauta, al telefono nel verde dei monti bergamaschi, con compreso avvistamento di capriolo in diretta.
“Non lo conoscevo, sinceramente. Ma mio zio me ne ha parlato nei termini di un festival dall’etica fortemente rave punk, perciò benissimo!” Una prima volta in tutti i sensi, per i Verdena all’Exit, anche da spettatori. Tra i nomi presenti – e da non perdere per nessun motivo – della sublime quattro-giorni a Novi Sad, Luca sembra non avere molti dubbi: “Bad Religion, senz’altro. Non li ho mai visti, e mi aspetto qualcosa di interessante. Ma anche i Pulp, altra leggenda. Degli altri nomi so poco, so che gli Arcade Fire piacciono a Roberta moltissimo, per cui ce ne saranno di cose da vedere!”
All’Exit con canzoni italiane. Possibile? Mai pensato in dieci anni a cantare in inglese su una base che già si esprime in termini internazionali (nei suoni, nell’intenzione, negli ascolti)? “Non abbiamo effettivamente girato abbastanza all’estero per poter trarre un bilancio di questa cosa. Abbiamo raccolto qualcosa in Germania, Francia, ma il problema è un altro: o il disco lo facciamo in inglese per tutti, o in italiano per tutti, non ci piacciono le operazioni di ‘traduzione per l’estero’. E siccome non abbiamo ricevuto offerte interessanti oltralpe, non c’è molto da discutere. A settembre abbiamo delle date in Inghilterra già programmate, vedremo. Ascoltiamo musica inglese da sempre, ci siamo cresciuti, perciò il testo per noi a volte è imbarazzante, visto che non abbiamo mai ascoltato testi rock in italiano. D’altro canto, però, all’estero ci è capitato che ci chiedessero se stessimo cantando in italiano o in inglese, per cui va bene così! E comunque questo dimostra che non è e non sarà mai un problema italiano-inglese, è certamente più un problema di mercato”.
WOW è uscito a gennaio, i Verdena sono nel pieno di un tour che ha folgorato per sei mesi più o meno tutta Italia. I primi bilanci di Luca sono positivi: “più che stupefacente, davvero. Il tour e il disco stanno andando benissimo, abbiamo un sacco di date con un sacco di gente. Tutte persone che dobbiamo ringraziare, per seguirci e supportarci così generosamente. Dopo il tour? Chi lo sa dove andremo, cosa faremo. Mentre siamo in periodo concerti non pensiamo mai a cose nuove, il momento creativo deve arrivare dopo la fine di tutto ciò che riguardi WOW. E poi lì non si sa cosa verrà fuori: solitamente il nuovo disco nasce da una risposta alternativa a ciò che è successo in tour, in maniera molto naturale”.
WOW è stato già abbondantemente raccontato, ribaltato, analizzato, sviscerato. È per questo che a Luca chiediamo di raccontarci i suoni di questo piccolo capolavoro italiano: “per noi il suono è tutto. Alberto è il tecnico, ma tutti ci mettiamo parola, idee e proposte. Nel mio caso, per la batteria perdiamo un sacco di tempo, vogliamo che sia perfetta: siamo convinti che quando funziona la batteria, il resto vien da sé. In WOW abbiamo utilizzato degli ambienti giganti, molti riverberi, abbiamo lavorato duro in studio”. Il do it yourself è la parola d’ordine, ma non per sempre. Chissà che un giorno i tre ragazzi non decidano di riaffidarsi alle mani di qualcun altro (come era accaduto con Manuel Agnelli ai tempi di Solo un grande sasso): “solo e soltanto se può migliorare il risultato. Potrebbe essere interessante, qualche idea ce l’avremmo: ci piace ad esempio come lavora Dave Fridmann (dietro la consolle dei Flaming Lips dal 1990, e poi artefice del suono dei capolavori di Mogwai, MGMT e la rivelazione psichedelica Tame Impala). Ma allora in quel caso vorremmo fosse un vero e proprio direttore artistico, che si inserisse nel progetto dall’inizio alla fine”.
L’Exit è un festival che, storicamente, dà grandissimo spazio ai grandi nomi dell’elettronica mondiale. I Verdena, soprattutto in WOW, hanno sfoderato un’anima sintetica insospettabile, e pare che ciò sia dovuto proprio a Luca: “i riferimenti sono all’elettronica sperimentale dei settanta, al kraut di Can, Tangerine Dream, o cose come Spaceman Free, Residents e il Brian Eno ambient. Ma ascolto tantissima cosa nuova o quasi nuova, come i Boards Of Canada, i Chemical Brothers, Burial. Ovviamente preferisco il suono analogico di synth. Comunque anche Roberta (bassista, ndr) e Omid (il quarto elemento sul palco, nel tour di WOW) ascoltano molta elettronica”.
Da Albino all’Europa, si diceva. Passando per una fama nazionale oramai consolidata, radicata sin dai tempi del primo disco. Dietro tutto questo, uno stupefacente attaccamento affettivo a ciò che succede nelle loro lande: “stanno succedendo cose splendide a Bergamo e provincia, la gente che suona sta tornando a muoversi bene: suona prima di tutto per passione, non cerca più la tecnica fine a se stessa come trent’anni fa, e non cerca neanche il successo facile. Oggi la mentalità che respiro qui è quella estera: attenzione al suono, più intelligenza e predisposizione al sacrificio. Sembra davvero che tutti o quasi suonino per un’esigenza prima di tutto interiore. È davvero un bel momento per l’underground bergamasco, ci sono almeno quattro o cinque gruppi di altissimo livello. Per noi questo è importante, ci teniamo molto, e cerchiamo di portare a suonare prima di noi i gruppi che ci piacciono di più, che lavorano meglio. In fondo, speriamo davvero che altri possano avere la nostra fortuna”.
La chiusura della telefonata è dedicata alla politica: un gruppo dei dintorni di Bergamo, roccaforte delle frange più estremiste della lega, che va nel cuore dell’orgoglio slavo, la serba Novi Sad. Che cosa pensa un musicista bergamasco del razzismo strisciante di certi movimenti politici? “sinceramente? Della politica non mi frega proprio niente: penso che sia tutto uno schifo, da una parte come dall’altra. Sarei per un’unica legge, valida per ogni essere umano: chi sbaglia, paga. Purtroppo da queste parti sono successe cose brutte, per cui sono nati dei pregiudizi che hanno segnato la città negli ultimi anni. Ma per me, ripeto, tutti indistintamente dovrebbero sottostare alla legge del ‘chi sbaglia paga’, immigrati o italiani che siano”.
Dal cuore pulsante del nord italiano, aspettiamo a Novi Sad la più grande rock band italiana alla prova dell’Exit. Certi che, una volta saliti sul palco, tutti si chiederanno: ma davvero sono italiani?
Marco Lo Giudice
http://www.exitfestinfo.it/ma-davvero-sono-italiani-intervista-ai-verdena/
e se ha suon di rock riunificassero la jugoslavia?
RispondiElimina