venerdì 31 luglio 2015

Sorrisi in spiaggia

from instagram @attiliocopricostumi


una 'recensione' illustrata di danielepampanelli -Instagram

Verdena: «Albino come Cambridge» La band il 6 agosto sul palco di Filago

Il cantante Alberto Ferrari presenta il nuovo album, pieno di «amicizia, legami e amore» 

di Daniela Morandi bergamo.corriere.it 

 Sono radicati all’Henhouse di Albino, la loro sala prove e lo studio di registrazione. Luogo isolato vicino ai boschi, per i Verdena è l’ideale per ispirarsi, scrivere ed evadere in un mondo altro. In sintonia con il loro essere «selvatici», risentito nel suono poco addomesticabile. Malinconico e distorto. Energico e visionario. Il trio si esibirà giovedì 6 al Filagosto per l’unica data bergamasca di presentazione del disco Endkadenz vol. 1, in attesa del vol. 2 in uscita il 28 agosto. Di fatto, due dischi, ma in realtà un unico album nato dalla stessa gettata creativa. Ma prima di parlare dell’album, Alberto Ferrari, chitarrista e cantante, spiega la tensione che suscita un’esibizione nella Bergamasca, la loro provincia. «È più dura emotivamente, ma quando si sale sul palco e si attacca a suonare, tutto finisce».

Dopo Filago ci sarà qualche altra data bergamasca?
«Sarebbe bello, ma non ci sono posti capienti in città dove potremmo suonare».
E proporre al Comune un vostro concerto per il capodanno in piazza?
«Rovineremmo la festa a tanta gente (sorride, ndr). Mi spiace dirlo, ma non so se Bergamo è la città giusta».
Il 28 agosto esce «Endkadenz vol. 2». Cosa aspettarsi?
«Come suoni e copertina è molto simile al primo. A livello musicale, è più scherzoso e le atmosfere sono differenti».
Quali sono le sue canzoni preferite ripescando dai due volumi?
«Una è Waltz del Bounty, che chiude il secondo disco. È uscita come la pensavo. È perfetta. Gira come la voglio io, per musiche e atmosfere. Mentre di solito non sono mai contento di nulla. Del primo volume mi convince Ho una fissa. Alla fine mi piacciono l’alfa e l’omega di questo progetto».
Perché scegliere il blu per la copertina del «vol. 2» uguale a quella del «vol. 1» se non per il colore?
«Pensavamo ai doppi usciti in blu e rosso dei Beatles, The blue album e The red album, che ascoltavo io, e a Use your illusions vol. I e II dei Guns N’ Roses, ascoltati da Roberta e da mio fratello Luca. Poi i due colori si muovono bene insieme».
Qual è il tema di fondo dell’album?
«L’amicizia, i legami e l’amore».
Spesso ricorre un “tu” a cui lei si rivolge. Chi è? Una donna o altro?
«I rapporti con le donne ci sono nei miei testi, ma posso essere anche io, a cui mi rivolgo come fossi allo specchio».
Avete appena girato il video della canzone “Nevischio”, che esce oggi (31 luglio, ndr).
«È stato girato duranti i live di Milano e Roma, recuperando le situazioni più selvatiche e imbarazzanti. È divertente».
Come è stare sul palco con il proprio fratello?
«È piacevole, c’è più feeling. Si litiga, ma è come avere a che fare con un altro se stesso essendo cresciuti suonando insieme».
Essere radicati ad Albino è un limite o un punto di forza?
«La seconda. Aiuta essere isolati. L’aria è buona. Se vuoi, scappi nel bosco. Se dovessimo scegliere un’altra città, l’unica possibile potrebbe essere Cambridge, piena di boschi. Ma ci mancherebbero gli amici, la tranquillità di casa. Dovremmo viaggiare di più solo per ispirarci e poi comporre da noi. Ci proposero di scrivere
Endkadenz a New York, ma non ero sicuro che sarebbe successa la stessa magia dell’Henhouse studio».

credits: http://bergamo.corriere.it/notizie/cultura-e-spettacoli/15_luglio_30/verdena-albino-come-cambridge-band-6-agosto-palco-filago-b961c826-3692-11e5-99b2-a9bd80205abf.shtml

 

 

Nevischio, il video



Il video di Nevischio in anteprima su video.corriere.it. 

Girato durante due date del tour, il 2 marzo a Milano (riprese di Paolo De Francesco, Jarno Iotti e Nico Cagarelli) e il 15 luglio a Roma (Dandaddy e Davide Caucci) e il montaggio è di Marianna Schivardi.


giovedì 30 luglio 2015


credits: http://www.rollingstone.it/musica/foto-musica/tutte-le-facce-di-estathe-market-sound/2015-07-30/

Verdena ospiti a Bgnews: "Il nostro nuovo album? Bello e ignorante"

credits: bergamonews.it
di Luca Bassi
Probabilmente a loro la cosa non fa nemmeno piacere. Ma da qualche anno a questa parte i Verdena non sono più un gruppo come tanti altri. Sono diventati, infatti, uno dei gruppi rock più importanti d'Italia. E a Bergamo, poi, loro sono "il" gruppo.
Albinesi doc dal chiaro accento delle Valli orobiche, Alberto, Luca e Roberta il 6 agosto saranno sul palco del Filagosto per quello che, ormai, è diventato il grande evento dell'estate musicale della nostra provincia, con il tormentone “a Filago i Verdena gratis” capace di far passare in secondo piano anche i dibattiti sull'accoglienza – giusta o meno – dei profughi nella palestra del paese.
Per presentare quell'attesissima data il trio è stato ospite della redazione di Bergamonews (no, Luca non è venuto e non è nemmeno una notizia: su Facebook c'è persino una pagina chiamata "Lamentarsi di Luca che non c'è mai nelle interviste dei Verdena"), per una chiacchierata che ha cercato di ripercorrere i primi anni di carriera del gruppo, di capire i progetti futuri del trio e, naturalmente, di svelare qualche anticipazione sul nuovo album, "Endkadenz – Parte 2", in uscita il prossimo 28 agosto.
Partiamo dai primi anni '90: come è iniziata l'avventura dei Verdena?
R- E' iniziata come quelle di tanti altri gruppi: partecipavamo a più concerti possibili, eravamo giovanissimi e cercavamo di inserirci in ogni data. Volevamo partecipare a tutte le rassegne perché per noi essere davanti ai giudici era già il più bello dei concerti. Poi nel 1997 abbiamo incontrato, proprio ad un concorso, quello che è stato il nostro primo manager. E' stato lui a darci quella spinta di cui avevamo bisogno.
A- Ricordo che quando l'agente della Universal è venuto a sentirci si è rotto l'impianto fonico. Abbiamo dovuto girare verso il pubblico le casse che avevamo sul palco e incrociare le dita: eravamo tutti convinti che sarebbe stato un disastro, invece tre mesi dopo avevamo il nostro primo contratto.

In quegli anni vi succedevano spesso cose simili?
R- Ci succede ancora oggi: chiudiamo un concerto e ci diciamo "è stato uno schifo", poi torniamo sul palco e vediamo il pubblico impazzito.
A- Siamo spesso autocritici.

Può essere il segreto di tanto successo quell'autocritica?
R- Forse. Ma di certo non ti fa vivere bene.

Sul palco oggi come gestite gli imprevisti del live?
A- I problemi non si gestiscono in quei casi, si passa oltre e basta. A Brescia la scorsa settimana abbiamo dovuto interrompere "Isacco nucleare" per colpa di un cavo dei pedali della batteria di Luca che si era spostato e faceva un rumore assordante. Ci siamo fermati dopo un minuto di canzone e siamo passati a quella dopo. Ormai non mi andava più di tornare su quel pezzo.
Nel 2016, se i conti sono esatti, i Verdena spegneranno le loro prime venti candeline: eventi in programma?
A- Nemmeno l'ombra.
R- Direi di no, non è proprio nella nostra natura fare manifestazioni autocelebrative. Continueremo a lavorare come abbiamo sempre fatto.

In vent'anni di carriera ci sono stati dei momenti difficili?
A- Artisticamente direi di no, umanamente sì, molti. Ma si sono sempre risolti dopo una bella e sana litigata.
R- Litigare, quando convivi con altre due persone 365 giorni l'anno, fa parte del gioco. Noi ogni tanto sbrocchiamo e ci diciamo in faccia quello che ci passa per la testa in quei momenti, così risolviamo e andiamo avanti.

Quindi niente cali di ispirazione?
A- Capita magari il mese in cui non prepariamo niente, ma il mese dopo si rimedia. I frutti, diciamo, arrivano sempre alla fine.

Alberto e Luca come vivono il rapporto tra fratelli sul palco, durante le prove, durante le registrazioni?
A- Lo viviamo come due semplici fratelli che da piccoli si menavano appena possibile. Ecco, oggi non ci meniamo più (anche perché lui, nel caso, mi ammazzerebbe) ma a livello psicologico ci scontriamo moltissimo. Anche con Roberta è così: ormai lei è diventata una nuova sorella per me e per Luca.
R- Sì, diciamo che a noi le "sclerate", ogni tanto, fanno bene.

 Giornali e riviste rimarcano sempre le vostre origini bergamasche. Un vanto o un fastidio?
A- Un fastidio no di certo, ci mancherebbe. Quando mi capita di chiacchierare coi romani vengo sempre sbeffeggiato: “ma come cazzo parli?” mi dicono quelli che sono abituati a sentirmi cantare. Io ci rido sopra, mi piace fare un po' il gioppino per il mio accento di Albino. Un accento che, comunque, mi tengo stretto.

Il fatto di essere cresciuti in un piccolo paese come Albino vi ha caratterizzato?
A- I posti dove viviamo sono sempre stati una fonte di ispirazione per noi. Ispirazione visiva da trasformare poi in musica. Può suonare un po' strano, ma io non cambierei con niente i miei boschi, il mio ruscello, le mie mucche.

Quanto c'è di tutto questo nei sette album dei Verdena?
A- Tutto. "Requiem" finisce con la registrazione di una processione che passava vicino al paesello, con dei cani che abbaiavano in sottofondo.

A Bergamo faticano a prendere piede i grandi eventi musicali, completamente cancellati negli ultimi anni. I Verdena, da bergamaschi, come vivono questa lacuna?
A- Molto male. Bergamo è una città bellissima, potrebbe avere un festival tutto suo che in molti ci invidierebbero. Sarebbe una figata pazzesca, in pochi altri hanno la location di Città Alta a disposizione. Perché non lo organizziamo per davvero? Due giorni e basta, rompiamo i coglioni per due soli giorni. Promesso.
R- Sarebbe davvero bello, sì. Ma a questa città manca una cosa fondamentale, la mentalità: se dovessi fare un concerto al Lazzaretto a 90 db penso che mi rifiuterei, non ne varrebbe proprio la pena. O si cambia la mentalità, oppure è inutile.

Passiamo alle domande dei lettori. Chiedono ad Alberto se i due figli li indirizza su un certo tipo di musica o se oppure li lascia liberi di scegliere.
A- I miei figli sono liberissimi di decidere. Il più grande sta iniziando ora a sperimentare e qualche volta mi piazza anche qualcosa di “inascoltabile”. Ecco, in quei casi lo blocco al quinto merdosissimo ascolto e cerco di fargli capire che così non va bene. Ma per il resto è libero di ascoltare quello che vuole.

Quando voi eravate piccoli cosa passava nelle vostre case?
A- A casa mia i Beatles, che mia mamma adorava. E poi tanta musica italiana che oggi odio. Non Mango, però: non lo ascolto da anni ma alcune sue melodie mi sono rimaste dentro. Ho un bellissimo ricordo di lui.
R- A casa mia c'era sempre Michael Jackson. Prima lo odiavo a morte, ora lo apprezzo moltissimo. Poi sono cresciuta coi Guns N'Roses e con qualche cantautore italiano: Dalla, Bennato, Venditti, De Gregori. Ah, e mia madre ascoltava sempre Bryan Adams e Phil Collins.

E la “buona musica” quando l'ha scoperta Alberto?
A- Da adolescente, quando fortunatamente ho capito che non c'era solo la musica italiana che girava in casa mia. Pink Floyd, Emerson, Lake & Palmer e Beatles sono stati i miei punti di riferimento in quegli anni.

E' vero, Alberto, che lei non riascolta mai gli album dei Verdena una volta pubblicati?
A- No, non riesco più perché durante la registrazione lo sento così tante volte che poi basta, mi esce dalle orecchie.

Un lettore chiede a Roberta: sei fidanzata? E quando torni in palestra?
R- La donna del gruppo, tutte queste domande idiote toccano sempre a me. Comunque ho sempre poco tempo a disposizione, in palestra ci vado ancora. Mercoledì, ad esempio, c'ero.
A- E per gli uomini garantisco io: ne ha sempre a decine. Si è persino dovuta trovare un agente per gestire tutti i morosi.

Tanti lettori, invece, vi chiedono se un giorno sarà possibile l'uscita di un album con i vostri più grandi successi rivisitati. Bestemmia o possibilità?
R- Non avrebbe molto senso e no, non è tra i nostri progetti. Capita a volte durante i concerti di arrangiare in modo diverso dei pezzi vecchi, ma tutto si ferma lì.
A- A me però piacerebbe remixare il nostro primo disco, "Verdena". Diciamo che sarei curioso di vedere cosa potrebbe venir fuori. Poi magari sarebbe uno schifo.

Il grosso dei fan che ci ha scritto, però, ci chiede info sul nuovo album: li accontentiamo?
A- Cosa possiamo dire? Che è bello? Che la copertina è blu? Di certo che va comprato, quello è sicuro.
R- E' molto bello.

Dai, qualche anticipazione.
A- E' strettamente collegato a “Endkadenz – Parte 1”. Anzi, è lo stesso disco. La forma è quella.
R- La divisione dei brani è stata fatta alla fine delle registrazioni, poteva anche essere completamente diversa.
A- Secondo me, però, il secondo disco ha un tiro un po' diverso, un po' meno serio del primo. Diciamo che è un po' più ignorante.

 Molti lettori ci hanno chiesto di farvi questa domanda, forse perché hanno paura che un giorno vi possiate sciogliere: nessuno dei tre ha mai pensato a una carriera, o anche solo ad una parentesi, da solista?
R- Io no, non riuscirei a immaginarmi da sola. Esistono delle collaborazioni che il singolo fa con qualche altro gruppo ma niente di più.
A- Nemmeno io, non avrebbe senso. Se mi nasce dentro un pezzo bello, che so che potrebbe funzionare, lo butto giù per i Verdena. Probabilmente se dovessi avere una parentesi da solista ci metterei solo brani del cazzo, quelli che scarto oggi. Quindi sarebbe inutile.

Foto di Pamela Rovaris











 


mercoledì 29 luglio 2015

Videointervista a Roberta



Radio Bombay intervista Roberta Sammarelli dei Verdena in occasione del concerto della band bergamasca a Perugia, nella terza edizione de L’Umbria che spacca.

A cura di Luca Rovito
Riprese Salvatore Cerniglia, Andrea Boccini.
Montaggio: Luca Rovito

www.radiobombay.it

Le band bergamasche intervistano i Verdena

Intervista a cura di Giorgio Moratti Fotografie, riprese e montaggio a cura di Alessandra Beltram.
http://www.ctrlmagazine.it/le-band-bergamasche-intervistano-i-verdena/#nomeancora
 FOTO DI: ALESSANDRA BELTRAME

PLASTIC MADE SOFA
A cosa stavate pensando quando avete scritto Ho una fissa?
(A) L’abbiamo scritta tutti e tre insieme ma non mi ricordo a cosa stavamo pensando, sinceramente. Credo che non stavamo pensando a niente. (R) Il pezzo in realtà all’inizio si chiamava Omofisso. (A) Poi Luca ha trovato il titolo Ho una fissa, molto meglio di Omofisso che faceva davvero cagare.
Di cosa si nutrono le vostre canzoni quando non siete sul palco? Cosa vi trasforma e cosa vi fa rimanere voi stessi?
(L) Alla fine si suona e basta, quindi penso sia quello, cioè proprio il piacere dello strumento e di suonare. (R) In fin dei conti in saletta siamo noi tre. (A) Io spero che chiunque rimanga genuino
nella propria vita artisticamente parlando. (R) Siamo sempre alla ricerca di soluzioni nuove, nel senso che non ci va di fossilizzarci. (L) Magari a tanti non piace questa cosa perché sai, il pubblico si affeziona alle cose, ma se ti siedi poi il rischio è quello di diventare impiegati della musica. (A) Paradossalmente ciò che ci fa rimanere noi stessi è proprio il cambiamento. (L) Se facessimo dischi meno ricercati sarebbe più facile, anche venderli. Invece sperimentare può farti scontrare anche con ore di nulla durante le quali ti viene da pensare “faccio schifo”. (A) Sperimentando si trova anche un entusiasmo maggiore, che alimenta la voglia di continuare con lo stesso spirito. (L) Le nostre canzoni si nutrono di tante cose… [ride, ndr]. (A) Ma anche di
 quello che ascoltiamo, perché come diceva George Harrison, “quello che mangi finisci per cagarlo”, ed è esattamente quello che succede nel cervello. Anche la musica che senti al ristorante o dal benzinaio ti influenza. Siamo influenzati anche dagli One Direction. Anzi, li sto ascoltando un sacco, perché mio figlio è un po’ impazzito e, va be’, mi tocca ascoltarli ma poco male, alla fine sono come gli Weezer senza distorsione (ho sputtanato gli Weezer in questo momento…). Comunque ieri sera guardavo i dischi e basta, li guardavo ma non ho ascoltato niente. A volte li guardo e basta. Ho letto molto. Invece Achtung Baby degli U2 l’ho ascoltato ed è sempre bello quel disco.


ANDREA ARNOLDI E IL PESO DEL CORPO
Alberto sei ancora in fissa per Anima Latina?
(A) No, era una fissa di Wow, quindi di circa 6 anni fa. L’ho letteralmente spolpato quel disco anche se poi ho provato ad ascoltare bene altri dischi di Lucio Battisti ma non mi hanno colpito nello stesso modo. Comunque è passata la fissa, è durata circa 3 mesi.
Roberta: nella musica italiana di sempre, qual è secondo te la canzone con il giro di basso per eccellenza?
(R) Non ascolto musica italiana, ma mi ricordo che quando ho sentito per la prima volta gli One Dimensional Man che aprivano al concerto dei Kepone nel 97/98 (noi eravamo andati per sentire loro) ero rimasta colpita dal suono di basso di Pierpaolo Capovilla: bello cattivo, tosto. Ho pensato: “Anche io voglio un suono di basso così”. Suonavo il basso da poco, quindi ero andata a chiedergli che amplificatore usasse perché mi piaceva e non sapevo nulla di ‘ste cose. (A) Il problema è che non ascoltiamo la musica italiana quindi magari ci stiamo sbagliando di grosso. (R) Forse anche qualcosa degli Scisma. Però per intenderci il giro di Elefante è ispirato al suono dei Kepone e, tra l’altro, è uguale anche a un giro dei Kyuss.
Luca: se perdi le bacchette, dove le cerchi?
(L) Adesso ho il porta bacchette sul timpano… Ma intende durante un live o nella vita? (A) Un giorno io diventerò cieco. Lui perde le bacchette ma nel senso che mentre stiamo suonando gli partono fiuuu e io sono di fronte a lui in saletta. Se mi prende in faccia mi uccide. (R) Io invece rischio di essere decapitata perché suono vicino al crash e ogni tanto cade. (L) A volte mi fermo proprio perché sento che le bacchette si stanno rompendo a metà e se vado avanti rischio che mi partano. (A) Hai presente se mi prendi sulle corde vocali? Chissà che versi escono. Poi registriamo tutto quindi magari esce qualcosa tipo “Waaaa!”. L’ultimo verso… Figata.
Quando gli archeologi del prossimo secolo disseppelliranno una copia di Endkadenz, che idea si faranno della musica di oggi?
(A) Ah trovano solo quello? Be’ se trovano solo quello e non trovano Beatles o altro, potrebbero anche apprezzare… Solo che poi dovrebbero trovare anche il modo di ascoltarlo. Speriamo che gli pigli bene se no è finita, non si suona più.



RICKY E I SUOI AMICKY (EX ABORTI MANCATI)
Luca: “Avevo fatto una prova con gli Aborti Mancati ai tempi, ma sono stato scartato”
Quand’è che mi chiamate ancora per pitturare la casa?
(A) Chi ha chiamato Ricky per pitturare la casa? Io? (R) Be’ io presto dovrei fare qualche ritoccatina quindi chissà…
Roberta ha le pareti rosse e bianche, Alberto nere e bianche, Luca bianche.
Come sta lo Zio Fabrizio?
Sta bene, è in forma.


FOTO DI ALESSANDRA BELTRAME

SPREAD
Se stenuate in più non siete più anoidi?
(R) Che stronzi [ride, ndr] (A) Certo, solo nei mesi bisestili. In realtà è una frase dei Gea, un altro gruppo bergamasco, però l’ha tirata fuori Enrico degli Hogwash, che aveva un quadernino pieno di parole assurde e neologismi inventati da loro. L’ho letto perché avevo bisogno di parole e quindi “stenui”, “bisestile”, “anoide” cioè a forma di ano, “mestile” che sono le mestruazioni ma bisestili. Insomma tutte cose così, invenzioni bergamasche. (L) Strabello registrare Viba EP. (A) Sì, l’abbiamo fatta nello studio degli Hogwash.
In un futuro ci sarà la possibilità per i vostri fan di avere una pubblicazione di alcuni brani nella versione originale in inglese?
(A) Non è inglese, è maccheronico, questo è il problema per il quale non pubblichiamo mai niente. (L) Abbiamo anche un sacco di jam strabelle, però lui canta in quella lingua lì, che alla fine comunque sembra inglese. (A) Sì, Nik diceva che sentiva delle frasi con un senso, anche se in verità dicevo parole a caso. (L) Ci abbiamo pensato spesso a pubblicare. (A) Il Suicidio del Samurai è molto meglio in inglese che in italiano. (L) Anche Muori Delay è una bomba. (L) Per Endkadenz i primi 7 pezzi li abbiamo fatti sia in inglese, sia in italiano, ci hanno aiutato Frederik dei Sonars e Nik, ma poi il lavoro diventava troppo e Alberto stava impazzendo. Abbiamo mollato lì e siamo andati avanti con l’italiano. L’idea iniziale era quella di fare anche i pezzi in inglese perché all’estero ci han detto che l’italiano non funziona. (R) L’italiano è una lingua musicale a detta di tutti gli stranieri, ma la questione va al di là del testo, è proprio di credibilità degli italiani fuori dall’Italia, non vengono presi in considerazione. (L) Poi quando suoniamo all’estero la gente che ci sente apprezza. (R) Sì, alla gente piaceva ma quando chiedevano che lingua fosse quella dei testi c’era molta sorpresa nel capire che dall’Italia potesse uscire qualcosa di rock. (A) Ma il problema non è la gente, sono le etichette straniere e questo problema potrebbe essere anche superato. (L) Magari tra 120 anni.



SONARS
Alberto: Sanno tutto di noi, che domande vogliono fare? [ride]
Cosa ne pensate dell’utilizzo di iPad e smartphone come veri e propri strumenti musicali, grazie alle migliaia di applicazioni disponibili?
(A) Già sa! Comunque ci siamo divertiti un sacco a usare iPad e app per fare orchestrazioni, trombe… (L) Suoni strani (R) Sempre come sovra incisioni, mai come punto di partenza. (A) Mai fatto un pezzo partendo dall’ iPad di sicuro, però si potrebbe in futuro. (R) Nel senso, ci viene in mente che in un punto della canzone ci starebbe bene una tromba ma conosciamo un trombettista che sia qua fra 10 minuti? No. Allora proviamo con l’iPad. (A) Che in realtà sembrano proprio delle trombe vere, riescono a fingere anche gli sbagli ed è più veloce. In fase di registrazione l’iPad è servito anche per le voci, loop o addirittura cori su multi traccia. Anche live abbiamo questi supporti. L’importante è avere strumenti nuovi e poter provare un sacco di cose in più, l’apertura fa parte della sperimentazione.
Riguardo alla registrazione so che avete usato dei microfoni a nastro degli anni ’40 e ‘50, che gli stessi Elvis e Johnny Cash utilizzavano. Quali differenze avete notato rispetto ai microfoni moderni da studio?
(R) Sono più sporchi. (A) Proprio nel senso che puzzano, sono pieni di polvere. Poi, a parte il discorso relativo al risultato tecnico dei microfoni anni ‘50 e ’60, che comunque sulla voce tanta roba, gli odori dal vivo fanno la differenza, di brutto. Anche quando stai suonando e senti l’odore di costine per esempio mamma mia… Gli odori influenzano parecchio, anche l’odore di ascelle, quando stai suonando dal vivo e ti arriva la svampata e dici, cazzo, sto sudando, strabello. Fa un bell’effetto, mi riempie di gioia. Mentre in saletta l’odore di ascelle meglio di no. Però forse non volevano sapere questo i Sonars.

CORNOLTIS
Cosa ne pensate degli abusi edilizi nella Valle del Lujo?
(R) Bestemmiamo ogni volta che ci passiamo davanti. (L) C’è stato un brutto momento, anni fa, che l’ha proprio devastata. (R) La cosa più triste è che la metà delle cose che han costruito son vuote, le fabbriche che erano aperte ora sono quasi tutte chiuse e già questo mette tristezza, mentre le palazzine, le villette, le case nuove sono invendute e quindi ti girano doppiamente i coglioni. (L) D’altronde dovevano lavorare, sai, così dicevano… Era più o meno nel 2006, il periodo era quello di Requiem e in Caños il tema è sicuramente presente. (A) Sì, anche abbastanza chiaro, ci siamo fatti capire. (L) Poi sono influenze che passano, purtroppo ci si abitua anche al brutto. (A) Ormai il coso grigio è lì.
Siete soliti non tirare l’acqua dopo aver urinato?
(R) Io ovviamente no. Cioè sì, tiro l’acqua. (L) A me ogni tanto piace pisciare nel lavandino. Anche per sperimentare suoni diversi [ride, ndr]. Anche nel camino era successo. (A) La cosa migliore è cagare e pisciare nello stesso momento.
Cosa ne pensate di Zucchero Fornaciari?
(R) Ha scritto delle belle hit [ride, ndr]. Ogni tanto ci divertivamo a cantare le sue canzoni. (A) È uno dei pochi italiani che ci divertono. La musica italiana non è molto divertente. Ascoltando Zucchero non mi sento così infastidito. Di solito sono infastidito dalla musica italiana, ma lui non è così patetico e paranoico. E poi copia tutto, non gliene frega un cazzo, fa straridere tutto questo. Cioè non è che copia, la melodia magari è la sua però alcune cose proprio… Woman/Donne per esempio…
Come si mette la distorsione?
(A) Col piede. Se no puoi alzare l’input del canale e metti la distorsione con la distanza, avvicinandoti.

SAKEE SED
Spesso il pubblico e i giornalisti vi definiscono “alieni”, “spaziali” o “supersonici”. Credete in altre forme di vita che pilotano dischi volanti nello spazio? Se sì, che musica ascoltano secondo voi?
(L) Io ci credo e ascoltano The Piper at the Gates of Dawn, il primo disco dei Pink Floyd. (A) Anche io ci credo. Sarebbe interessante avere uno scambio musicale con gli alieni per vedere che cosa hanno inventato loro, sarebbe musica completamente diversa. Oppure ascoltano Zucchero, copiano Zucchero. Tutti che si vestono uguali. Tutti uguali, anzi tutti Zucchero. Il pianeta di Zucchero.
Ci vendete il furgone rosso?
(R) Sì, subito. Anzi no, Luca ci è troppo affezionato quindi non si può. (A) Eh sì, colpa sua, non vuole separarsene, ehm ehm… (R) Ci costa un sacco e non possiamo usarlo perché non ci stanno gli strumenti e per i viaggi lunghi non va bene. (L) È un po’ vecchio lui, però va da dio, va ovunque… Glielo affittiamo a un buon prezzo [trattativa in corso, ndr]. (R) 50 al giorno e la chiudiamo lì. Comunque abbiamo forato recentemente, quindi è fuori servizio al momento, ma di venderlo non ce la sentiamo.


LE CAPRE A SONAGLI
In Endkadenz si sente un grosso lavoro di sperimentazione, secondo noi c’è anche un corno inglese equalizzato sui 1000. Confermate?
(L) [ride, ndr]. (R) No, francese! (A) Se equalizzato sui mille non ricordo, però il corno francese l’abbiamo usato in Diluvio. Comunque è uno di quei suoni resi con l’iPad e ce n’è molto di più in Endkadenz Vol. 2 rispetto al Vol. 1.


VERBAL

Da 20 anni dovete fare i conti con il mercato della musica in Italia, con le case discografiche, con la promozione, con i giornali. Come combattete il conformismo?
(A) Non lo combattiamo direi. Adesso sono una macchinetta nel rispondere alle interviste, prima ero più combattente. (L) Durante Requiem non ne rilasciavamo. Avevamo un comunicato stampa quasi completamente vuoto. Sai quella roba che mandi ai giornali in cui già un po’ te la tiri da solo, “siamo un gran gruppo” eccetera, in cui descrivi anche i pezzi e poi i giornalisti usano le tue frasi nelle recensioni. Ecco, invece per Requiem non avevamo fatto niente, erano state scritte solo le informazioni base. (A) Quest’anno quando è uscito il disco ho risposto veramente alle stesse domande per due mesi, cinque volte al giorno. A un certo punto ripetevo le stesse cose ed ero anche contento perché mi ricordavo esattamente le stesse risposte, con le stesse parole. Un tempo invece rispondevo sempre in modo diverso, a ogni giornalista davo versioni differenti, almeno mi divertivo un po’.


Siete ricercatissimi per interviste da chiunque si occupi di musica. Qual è domanda che vi sta più sui coglioni?
(L) Quella roba di Endkadenz è insopportabile. Spiegare il perché del titolo, la storia del tipo che si schianta dentro. (A) Ma no quello è bello da spiegare. Invece le domande sul mondo indie non le sopporto. Ci mettono sempre in questo mondo indie del quale non mi sento appartenere. Tutti insistono ma non è vero che siamo indie. Noi siamo stra indie! (R) A me da più fastidio quando chiedono “a chi vi siete ispirati per scrivere questo disco?”. Andresti mai a chiedere a uno scrittore “a quale scrittore ti sei ispirato per scrivere il tuo ultimo romanzo?”. Cioè è un po’ offensivo. Al massimo puoi chiedere che musica hai ascoltato in questi anni. (A) Come se fosse automatico ispirarsi a una cosa in particolare. Invece magari Zucchero sarebbe felice di rispondere a una domanda così. Un’altra domanda è “cosa vogliono dire i tuoi testi?”. Ma come i miei testi? Tutti? Tutti devono voler dire una sola cosa, la stessa? Sulla singola canzone è diverso. Poi è ovvio che i miei testi non vogliono dire un cazzo [ride, ndr].

 RICH APES

Quanto conta per voi il legame con la natura? Ispira la composizione dei vostri brani e vi trovate mai a scrivere nutrendovi dell’energia che offre il bosco?
(L) Non abbiamo mai scritto nel bosco. Al mare alcune robe. E poi la nostra saletta non ha finestre. (A) Quindi natura morta, mortissima, al massimo qualche ragno. Noi siamo cresciuti nel bosco quindi lui c’è nella nostra musica, ma è un’influenza intrinseca. (L) Anche se una bella tendata dà sempre una bella carica. (A) E qui si torna a Caños
Al di là del nome Verdena, di che colore è la vostra musica?
(R) Dipende dal pezzo: ci sono pezzi neri, pezzi gialli… Pezzi Fuxia! (A) Cerchiamo di assomigliare a un arcobaleno. Però c’è anche il nero. Un arcobaleno con i contorni neri. Cerchiamo di essere colorati ma, ahimè, siamo circondati dall’oscurità.

FIRST CLASS PASSENGER
Oltre all’aspetto prettamente musicale, in cosa deve impegnarsi una band proveniente da un contesto provinciale per emergere?
(L) Suonare tanto, fortuna… (A) La comunicazione anche. Ma un ufficio stampa funziona bene se funziona bene la band, è un gioco di squadra. Anche se un gruppo ha dei limiti bisogna trovare il bello che sta nel brutto, bisogna essere molto autocritici. Noi lo siamo, ci odiamo. Io non riesco ad ascoltare i nostri dischi. Continuo a volerli ascoltare ma non riesco, li ascolterò da vecchio, prima di morire me li riascolto tutti. Li guardo e basta. Ogni tanto cerco su YouTube i nostri live per ricordarmi i pezzi, come mettere il distorto e come schiaccio i vari pedali, soprattutto delle canzoni vecchie. Però al massimo rileggerò la risposta alla domanda “come si mette il distorto?”. (L) Io invece preferisco ascoltare le registrazioni. (R) Anche io preferisco da disco.
Come vi sembra Grooviera come titolo di un album?
(R) Per un gruppo dub demenziale sarebbe perfetto.

GOTTO ESPLOSIVO
Quanto vi sentite in dovere di assecondare il vostro pubblico sia nella scelta della tracklist dal vivo, sia nelle scelte compositive?
(L) Qua torniamo in pieno su una discussione aperta settimana scorsa. (A) Cerchiamo sempre di scombinare l’ordine, ma soprattutto per l’ultimo tour lo scheletro rimane sempre fisso e dentro ci si gioca un po’. (L) La questione è che ora, avendo più pedali, tastiere e storie malate, dovremmo cambiare strumenti ed equalizzazioni varie a ogni pezzo, invece cerchiamo di trovare un buon compromesso.
C’era in Val Seriana qualche realtà musicale prima di voi che vi ha spronato a prendere la via della musica?
(R) Hogwash. Andavamo a sentirli suonare all’epoca quando eravamo piccoli, e per noi erano un grande riferimento. (L) Andavamo a sentire tutti in verità, ma gli Hogwash sono stati i più avanti. Sono stati i primi a registrarsi da soli, ad avere i pedalini strani, arrangiamenti strani. Tailoring, il loro secondo disco era davvero malato. (A) Comunque anche adesso i gruppi di Bergamo ci danno molto.

FLETCHER

Da cosa sono state dettate le scelte di suoni in Endkadenz, soprattutto in fase di missaggio? L’approccio in tal senso è stato diverso rispetto ai dischi precedenti?
(L) È stato completamente diverso. (A) A livello sonoro tutto entra in qualche cosa di nuovo rispetto ai dischi precedenti. (R) Siamo proprio partiti dai suoni, mentre in passato non era così. Componevamo le canzoni e poi in fase di registrazione sperimentavamo amplificatori e strumenti diversi. (A) Il suono di Endkadenz è nato circa 5 anni fa, finito l’ultimo disco, esattamente dopo le date in Sardegna.
Cosa ne pensereste se qualcuno facesse un gruppo tributo ai Verdena?
(A) Ne abbiamo beccato uno in Costa Rica, anzi no alle Filippine, o in Thailandia. (L) Be’ comunque se si divertono loro… Il nostro consiglio resta comunque quello di fare pezzi propri.

IL BEPI
La scelta dell’analogico è da lodare, soprattutto perché vera. Ha anche ripercussioni sul lato commerciale? E, se la scelta derivasse esclusivamente dalla qualità dell’ascolto proposto, non sarebbe un po’ come combattere l’inquinamento andando in giro col calesse?
(L) Il problema dell’analogico è il lato economico: i tecnici costano, le bobine costano, le macchine le devi sempre riparare. (A) È una spesa apocalittica il nastro. Poi il risultato è fantastico. Ma per intenderci a un gruppo esordiente non ci sentiamo di consigliarlo. (L) Conviene registrare su 4 piste a cassetta. (A) No bè Luca, conviene il digitale [ridono, ndr]. (R) Dal punto di vista commerciale non credo ci siano ripercussioni, chi vuoi che se ne accorga, solo gli appassionati. Può essere che incida un po’ dal punto di vista della comunicazione, mi vengono in mente i Radiohead dell’epoca che avevano chiamato il disco OK, Computer. Poi la musica ormai si ascolta su supporti dove non si può capire la differenza fra analogico e digitale, ma la nostra è una scelta esclusivamente artistica.
Quanto conta da 0 a 10 ai fini di quel che fate l’essere bergamaschi?
(A) 6! (R) Lo siamo, quindi conta! (A) La musica bergamasca, il rock bergamasco che gira ha un qualcosa in comune, una cosa incredibile. Penso sia per via della città stessa, devi stare davvero attento per sentire tutte le piccolezze. Ascoltavo ieri Le Capre A Sonagli e si capisce che sono bergamaschi. La musica bergamasca ha un’impronta. (R) Se fossimo cresciuti, che ne so, a Palermo, non avremmo fatto i dischi che abbiamo fatto, sarebbero stati diversi.

MOOSTROO
Perché la scelta di produrre un disco così mostruosamente distorto e autarchico?
(A) 5 anni fa ci hanno regalato un pedalino che ha un suono mostruoso e da lì è nato tutto. Ma in realtà la batteria e il basso sono molto puliti. E’ una cosa contrastante, poi salta all’orecchio il distorto della chitarra ma non tutto è così distorto. Siamo partiti dai contrasti e il disco ha preso forma in questo modo.
Cosa ne pensate della mostruosa scena bergamasca?
(A) Ci sono molti gruppi che ci piacciono e con i quali, quando possibile, cerchiamo di suonare: Spread, Capre a Sonagli, Sonars e i Rich Apes con cui suoneremo al Filagosto il 6, ma ce ne sono tanti, davvero. (L) I Rich Apes hanno fatto un gran disco. Sto ascoltando anche i Midnight Breakfast, un bel disco blues melodico. C’è tanta roba e in tutti c’è un tocco di psichedelia. (A) In tutti c’è anche un tocco di nuovo, è davvero un bel momento per la scena bergamasca.



 











martedì 28 luglio 2015


Domani sarà online su http://www.ctrlmagazine.it/  l'intervista integrale ai Verdena con le domande fatte da 15 band bergamasche.
Ecco un breve estratto video di quel pomeriggio e alcune domande delle band:
"Qual è la domanda che vi sta più sui coglioni?"
"Siete soliti tirare l'acqua dopo aver urinato?"
"Quando mi chiamate ancora per pitturar la casa?"

Domani tutte le risposte ma anche tutte le domande, senza filtri.

Intervista esclusiva a Giuseppe Chiara

Intervista esclusiva Wasabi Dress. A cura di Roberto Panighi e  Federica Marta.
from 


Chi era Giuseppe Chiara e chi è oggi?
È un po' complicato rispondere. Musicalmente parlando ho iniziato a suonare la chitarra da autodidatta quando avevo 14 anni. A 20 mi sono iscritto al Cpm di Milano per approfondire un po' il jazz e la teoria musicale. Lì ho conosciuto Ekat Bork, un'artista russa/svizzera con la quale ho suonato per circa due anni, in Italia e in Europa. Il resto mi sa che lo sapete già...

Ci racconti il giorno in cui hai messo a fuoco i proprietari della fantomatica inserzione? Come ti sei sentito? Anche se sembrerà una domanda scontata; conoscevi i Verdena anche prima di diventare uno di loro?

Ho scoperto i Verdena quando ero in terza media e da allora sono sempre stati uno dei miei gruppi di riferimento, quindi come puoi immaginare è stato abbastanza uno shock. Prima di ricevere l'email "rivelazione" non avevo neanche osato immaginare che potessero essere loro, ma subito dopo ho fatto 2+2 rileggendo l'annuncio e non ho avuto nessun dubbio. Ovviamente ero felicissimo e incredulo, cosa che dura tutt'ora; spesso durante i concerti ripenso a quanto sia assurdo quello che mi è successo.

Entrare in una band con uno storico così importante, una struttura equilibrata e una forte personalità non dev'essere facile. Come hai gestito emotivamente questo ingresso?
All'inizio ero abbastanza teso, sentivo di avere una grossa responsabilità ed ero anche incuriosito da come avrebbero reagito i fan al mio ingresso nella band. Il mini tour nelle Feltrinelli mi ha aiutato molto a rompere il ghiaccio, visto che spesso arrivavamo sul posto e la gente era già quasi tutta lì ed assisteva anche al soundcheck. Dopo la prima esibizione a Milano, in cui ero bianco come un cadavere, la tensione è sempre andata scemando per fortuna.
Come descriveresti Alberto, Roberta e Luca?
Sono tre personalità molto forti. Comunque sono molto alla mano, mi ci sono trovato subito bene.

Con quale brano ti identifichi di più dell'intera produzione Verdeniana?
Non riesco a identificarmi in un brano in particolare; sono molto affezionato a Spaceman perché è quello che me li ha fatti conoscere. Quando avevo 15 anni è uscito Il
Suicidio dei Samurai e brani come Glamodrama, Phantastica, Far Fisa e 17 Tir nel Cortile hanno contribuito a formare i miei gusti musicali e il mio suono come chitarrista. Comunque in generale Wow è il disco in cui mi ritrovo di più, lo ritengo un capolavoro (Per Sbaglio, Le Scarpe Volanti, Miglioramento, Castelli Per Aria, Nuova Luce sono i miei brani preferiti) e ci sono affezionato anche perché l'ho studiato da cima a fondo, mentre attendevo il responso, per capire se sarei stato in grado di eseguire tutte le parti. L'ultimo brano che mi ha colpito molto invece è stato Vivere di Conseguenza, uno dei più belli da suonare dal vivo.

Sei un musicista, dunque un creativo.. dunque di sicuro hai scritto e scrivi musica: Confermi?
Confermo. 

Cosa scrivi di solito? Che genere ti ispira? Hai proposto qualcosa di tuo su cui lavorare con Alberto, Roberta e Luca?
Quando sono da solo registro molte bozze, che mi piace poi sviluppare insieme ad altri, jammandoci su. Avevo un progetto iniziato da poco con altri due musicisti ("Demian Walrus"), che ovviamente per un po' dovrà rimanere fermo, ma ho intenzione di portarlo avanti. Come generi mi lascio influenzare un po' da tutto, Grunge, Psichedelia, Pop, Elettronica, Funk... Con i Verdena spesso facciamo delle belle jam alle prove ma per ora siamo comunque molto concentrati sul tour.
   

Passiamo a questo nuovo album. Il suono di Endkadenz è una cosa che fa impazzire gli impianti.

Come vi regolate dal vivo con una scaletta così articolata, con suoni così diversi e complessi?

Ci tenete ad essere fedeli al disco, ve ne fottete tanto avete dei gran tecnici al mixer oppure tirate giù i muri suonando su equilibri così labili da rischiare tracolli di "larsenn" sfonda timpani?
Insomma, per dirla bene.. Quanta attenzione prestate ai vari set-up e quanto margine di errore sui suoni vi concedete quando siete live?

I suoni sono ricreati nel modo più fedele possibile. La cosa più complicata è stata creare una scaletta con un giusto equilibrio fra i suoni dei brani vecchi e nuovi, e allo stesso tempo ridurre al minimo i tempi morti fra un pezzo e l'altro, dovuti ai molti cambi di strumentazione.

Vita da tour: come impiegate il cazzeggio time?
Nel dvd di "Wow" abbiamo visto scene da gita delle superiori, seguendovi un pò in questo tour ho visto Nora correre attorno al Velvet di Rimini, Luca fare lo zietto, insomma sempre un approccio molto morbido, molto umano...nessun albergo dato alle fiamme per intenderci...
Sì, diciamo che i day-off capitano raramente, quindi la normale routine sarebbe: viaggio - soundcheck - cena - concerto. Nei tempi morti si sta comunque intorno al palco e dopo aver suonato si beve qualcosa in camerino o in hotel, spesso tiriamo l'alba, ma è comunque tutto molto tranquillo, niente televisori lanciati dalle finestre! Nei giorni liberi quando si può si va in spiaggia, a visitare un po' le città o nei negozi di dischi.

Una domanda retorica che lasceremo senza risposta ma che ci teniamo a farti. Sei cosciente che sei stato uno dei musicisti più invidiati di questo inizio anno?
Eh sì mi rendo conto di essere stato fortunato. Comunque di pomodori marci non me ne hanno ancora tirati, è un buon segno!

Verdena ospiti a Bgnews Fan, scatenatevi: mandate le domande

Succederà mercoledì pomeriggio, quando il trio di Albino si concederà alla domande dei nostri giornalisti. Per l'occasione il vostro quotidiano online preferito lancia un'iniziativa particolare, rivolta ai fan del gruppo rock ma anche al resto dei lettori: commentando questo articolo potete mandarci le vostre domande, tutto quello che riguarda i Verdena e che avete in testa. Le più simpatiche, interessanti e curiose le sottoporremo ad Alberto, Luca e Roberta.

 Per mandare le vostre domande ai Verdena: http://www.bergamonews.it/cultura-e-spettacolo/verdena-ospiti-bgnews-fan-scatenatevi-mandate-le-domande-206552

lunedì 27 luglio 2015


Questa settimana uscirà il video di "Nevischio", con immagini live riprese dai concerti di Milano-Alcatraz del 02/03/15 e Roma-Rock in Roma del 14/07/15.

domenica 26 luglio 2015

Verdena: l’intervista di OndAnomala

Nell’ambito del programma di approfondimento musicale OndAnomala, i Verdena avevano annunciato l’uscita del primo volume della loro ultima fatica discografica, Endkadenz. In questa occasione la band anticipa qualche contenuto del secondo volume dell’album, di prossima uscita, e annuncia la sua partecipazione al ColorFest di Lamezia Terme il 2 agosto.

qui il podcast: http://www.antennafebea.it/antennafebea/?powerpress_pinw=42798-podcast

venerdì 24 luglio 2015

Videointervista a Roberta

http://video.giornaledibrescia.it/video-server/media/video/1724.mp4


no sense


«Non fate i sunì»: il post dei Verdena scalda i bresciani

«Non fate i sunì». È bastata questa breve frase per creare un piccolo caso sulla pagina Facebook dei Verdena. Per invitare i bresciani a partecipare al loro concerto di stasera in Castello, al MusicalZOO, la band bergamasca ha utilizzato un’espressione classica della rivalità calcistica tra tifosi dell’Atalanta e del Brescia: sunì, maiali, è l’offesa rivolta agli ultrà delle rondinelle.
L’intento dei Verdena era ironico, ma c’è chi non ha apprezzato, iniziando a insultare il gruppo composto da Alberto Ferrari, Luca Ferrari, Roberta Sammarelli. Robe da Facebook, si può dire, un luogo in cui la polemica aggressiva è dietro l'angolo. Per fortuna c’è chi cerca di smorzare i toni invitando alla calma, ma ormai il caso è scoppiato, con tanto di foto di Mazzone (quella della famosa corsa sotto la curva dell'Atalanta) postata in risposta. 
La replica sulla pagina Facebook dei Verdena è arrivata con un lungo post di Nora Bentivoglio, autrice della frase discussa, in cui viene sottolineato l'uso ironico dell'espressione «sunì». Bentivoglio chiede scusa a chi si è sentito offeso: «Però amici ed amiche, prendiamoci un pó meno sul serio - si legge nel testo -. Mettete da parte i bastoni e riconciliamoci una volta per tutte, se ce ne fosse davvero il bisogno».
Amici ed amiche.
Lo ammetto.
Ho scritto io il post sulla pagina dei Verdena riguardo la data di stasera al Musical zoo Festival .
Gonfiato oltre che frainteso, forse ha bisogno di una annotazione da parte mia, autrice.

Concedetemi una breve premessa: quando scrivo per conto dei Verdena penso sempre di rivolgermi ad un pubblico, ma prima ancora a persone, che amano la musica e nel caso specifico, la musica dei Verdena.
Forse sbagliando, parto da un presupposto semplicissimo, che chi li ascolta li 'conosca' e li 'segua'.
Che si tratti di politica, tifoserie da stadio, religione, etica o pernacchie, non hanno mai preso posizione pubblicamente e quando lo hanno fatto, a mia memoria, lo hanno sempre fatto in modo piuttosto delicato.
Quindi innanzi tutto non era minimamente mia intenzione farlo per loro o, tantomeno, prenderla io. La posizione.

Per me era piuttosto ovvio che non si trattasse di un post con intenti denigratori. Non avrebbe avuto alcun senso.
Non è quindi mia intenzione fare un post di scuse, giustificazioni o discolpe ma semplicemente chiarire quello che probabilmente non sono stata in grado di far emergere in questo già citato post.
Dare un'informazione che non fosse didascalica (perchè qualcuno si è lamentato che sembro l'ANSA) e, magari, anche un pochino spiritosa. Già. Volevo essere brillante ma non ce l'ho fatta.
Perdono.

Amiche ed amici, Brescia è una città splendida e non mi sono mai interessata al calcio o a sterili polemiche territoriali che a volte coivolgono la mia ridente città, Bergamo City, con la vicina e radiosa Brescia City .
Non mi arrabbio mai quando mi si chiede se sono di Bergamo o di Brescia.
Non mi interessa partecipare a inutili diatribe che vogliono le due City cugine o solo antiche amiche che mai più avranno il piacere di stringersi la mano.

Il vocabolo 'sunì', di per se effettivamente poco elegante, lo uso spesso quando scherzo con i fratelli e le sorelle di Brescia.
Evidentemente i miei interlocutori non badano molto a quello che dico perchè, conoscendomi, sanno che amo le burle e le sciocchezze.
Ho peccato però nell'avere omesso di pensare ad altri destinatari che non mi conoscono e che hanno una sensilità diversa dalla mia e da quella della mia combriccola.
Capisco che si possano essere sentiti offesi. E torno a chiedere scusa. Onestamente.

Però amici ed amiche, prendiamoci un pó meno sul serio.
Mettete da parte i bastoni e riconciliamoci una volta per tutte, se ce ne fosse davvero il bisogno.
Mettete in secondo piano gli attriti e praticate un'unica fede: l'amore.

Yo!

Intervista [DeerWaves]

http://deerwaves.com/interviste/intervista-verdena

DW: Ciao Luca, tutto bene? Inizierei chiedendoti come sta procedendo il tour. Notate qualche differenza, soprattutto a livello di pubblico, rispetto al 2011 e a WOW?
L: Le date sono andate tutte più che bene, assolutamente. Il pubblico non so se è granché cambiato, c’è sempre un certo rinnovo, ma gran parte di questo è dovuto ancora a WOW, il cambiamento è partito da lì e continua ancora oggi.

DW: Anche stavolta è passato tanto tempo tra un disco e l’altro (quattro anni, ndi) e molti aspettavano il vostro ritorno. Quando siete tornati in studio pensavate di ripartire dai punti fermi di WOW o avete lasciato che il tempo facesse tabula rasa per ripartire alla ricerca di un nuovo suono?
L: In genere appena finisce il tour dimentichiamo completamente il lavoro precedente, ma non credo che sia da attribuire al tanto tempo che passa tra un disco e l’altro. In tre anni e mezzo abbiamo registrato ventisette canzoni, ma passiamo molto tempo a sperimentare sui nuovi brani. Poi magari capita che ne scriviamo altri che superano quelli che avevamo appena completato, e finisce che quelli che ci sembravano eccezionali prima poi vengono buttati via. In realtà è come se facessimo un disco ogni anno e mezzo, perché alla fine sono tutti doppi (ride, ndi).

DW: Ascoltando Endkadenz Vol. 1 mi viene in mente un ibrido tra WOW e Requiem, come se aveste preso il meglio dai due album. È corretta come analisi o è qualcosa nato dall’improvvisazione, senza pensarci troppo?
L: È nato spontaneamente, ma penso che sia presente questo dualismo che hai menzionato. Prima che uscisse il disco, a chi ci chiedeva come avrebbe suonato, gli rispondevamo proprio questo, che sarebbe stato un misto tra Requiem e WOW. Poi c’è qualcosa di nuovo, ad esempio i pezzi con la batteria elettronica: nel secondo volume ci sarà un pezzo con la batteria elettronica che è molto interessante e anche alcuni pezzi al piano, molto malinconici.

DW: Avete annunciato da poco l’uscita di Endkadenz Vol. 2, fissata per il 28 agosto, ma qual è stata la risposta dei fan al primo volume?
L: Questo è un discorso difficile, ognuno ha i suoi gusti, ma ci succede ogni volta che facciamo uscire un disco nuovo. Quando fai i pezzi del disco nuovo nel tour nuovo la gente aspetta sempre quelli vecchi, ma già al tour e all’album successivo tutti apprezzeranno molto di più i pezzi del disco vecchio, è sempre così. Richiedono un po’ di tempo.

DW: Essendo stato a parecchi vostri concerti capisco il ragionamento, è qualcosa che si vede proprio nel pubblico. Parlando d’altro, a Ferrara ho scambiato quattro chiacchiere con Alberto, e mi ha rivelato che in Endkadenz Vol. 2 la traccia prodotta da Marco Fasolo (dei Jennifer Gentle, ndi) è Identikit. Siccome nel primo volume c’era Nevischio, ed era uno dei pezzi che spiccava di più, volevo chiederti come suona Identikit e che novità ha portato Fasolo nel registrare questo pezzo.
L: In Identikit è stato molto, molto diverso. Il pezzo c’era già, con la batteria già pronta, e Marco mi ha fatto cambiare tutto, mi ha fatto suonare delle percussioni, e il pezzo ha cambiato completamente stile. È stato molto interessante, un pezzo acustico come Nevischio, anche se qui la sua produzione si sente molto di più.

DW: A proposito di pezzi acustici… Ai vostri live tutti chiedono sempre a gran voce le Don Calisto, le Valvonauta, ma con Requiem e soprattutto WOW avete dato molto più spazio a ballate più lente come Tu E Me, Castelli Per Aria, Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne e, appunto, Nevischio. C’è, in un futuro prossimo, un album prevalentemente acustico per i Verdena?
L: Non saprei proprio, in futuro non so decisamente cosa faremo. Sicuramente ci piacciono i pezzi acustici, è divertente, ma sarebbe bello fare dei pezzi acustici che non siano per forza ballate. Sarebbe decisamente interessante, ma per il futuro non lo so davvero.

DW: Sono passati diciassette anni dal primo disco, ed è una cosa ormai risaputa che il vostro metodo di composizione sia molto immersivo. Passate moltissimo tempo in sala prove ogni giorno della settimana a jammare e sperimentare. Lavorando sempre a così stretto contatto, senza calcolare poi la vita in tour, c’è mai stato un momento in cui avete scazzato di brutto, in cui avete pensato di mollare tutto quanto?
L: Un casino così grande non è mai capitato, suonare è bellissimo e siamo davvero fortunati a poterlo fare, soprattutto in maniera libera. Quindi no, è una cosa che non ci è mai capitata. In sala siamo solo noi tre, registriamo da soli, quindi ogni tanto è normale finire intrappolati in un circolo vizioso per settimane, finché di colpo non si apre qualcosa e arriviamo a una soluzione. Al massimo questo, mai nulla di più grave. Ci sono delle sere che vanno male perché suoni male e dici “Che schifo, che merda” ma non vedi l’ora che arrivi la sera dopo per rifarti.

DW: Ricordo un’intervista risalente all’uscita di WOW in cui affermavate di essere un po’ spaventati dall’accoglienza che avrebbe avuto quel disco, e che non eravate sicuri di come il pubblico l’avrebbe accolto, se si ricordava ancora di voi… Verificato il fatto che il vostro pubblico c’è, è rimasto, cresce e vi ama, com’è oggi il vostro rapporto con i fan?
L: Cavoli, non saprei… La relazione che ho io con il pubblico è quando ci si becca ai concerti (ride, ndi). Ai tempi de Il Suicidio Del Samurai e di Requiem avevo l’impressione che fossimo confinati in un piccolo cerchio di appassionati, adesso invece c’è più gente e si vede. Alla fine l’importante è trovarsi bene con il proprio pubblico, a fine concerto sono tutti simpatici, gente positiva.

DW: Dal tour di WOW ad oggi credo di aver assistito a qualcosa come 12-13 concerti dei Verdena, e posso affermare con certezza che nessuno di questi era uguale ad un altro. Come gestite le scalette dei live? Le cambiate sempre per non annoiarvi voi o per accontentare i più esigenti nel vostro pubblico che magari si aspettano qualche chicca dai vecchi album?
L: Penso sia per entrambi i motivi. Di solito, quando torniamo a suonare in una città, guardiamo la scaletta che avevamo suonato sei mesi prima e cerchiamo di cambiare, in maniera che chi ha già visto il concerto precedente non sia costretto a guardarselo di nuovo. È innanzitutto per noi, comunque, diventa tutto troppo matematico a un certo punto…

DW: Non volete fare diventare i vostri concerti una routine, insomma.
L: Esatto! Magari con la stessa scaletta tutte le sere suoni meglio, però lo troviamo noioso, cambiando invece diventa più avventuroso. Quest’anno abbiamo avuto uno scheletro di scaletta, che comunque è stato modificato ampiamente, soprattutto con l’estate. Cerchiamo sempre di studiare pezzi nuovi da inserire gradualmente in scaletta, e ne abbiamo già parecchi pronti, poi decidiamo all’ultimo se suonarli oppure no.

DW: Con il tour di Endkadenz ho notato un cambiamento, seppur minimale, anche nella scenografia del live. Luci, proiezioni, un impatto decisamente più forte per questi nuovi brani…
L: Per questo tour abbiamo un luciaio bravissimo, che ci segue in tutte le date e ha le sue cose da fare, alla fine la scaletta è importante anche per lui. Quest’anno volevamo dare un tocco in più, gli anni passati con le luci andavamo un po’ a caso. Per quanto riguarda le proiezioni, si tratta di roba girate da me che abbiamo montato un po’ qua e là. Abbiamo un sacco di girato, ma lo proponiamo solo quando ci viene messo a disposizione un proiettore, perché è comunque qualcosa di impegnativo da portare in giro e gestire; durante le prime date con i Jennifer Gentle, invece, lo abbiamo portato sempre con noi, potevamo permetterci delle spese più alte e allora…

DW: Ad agosto, come abbiamo già detto, uscirà Endkadenz Vol. 2, e poi? Subito in tour?
L: Non subito, il tour del Vol. 2 partirà a ottobre dei locali, e andremo sicuramente avanti fino a febbraio. Dopo decideremo se continuare o no, se arrivare all’estate o fermarci prima.

DW: Il 24 luglio suonerete al Vasto Siren Fest come unici headliner italiani. Assieme a voi ci saranno nomi importantissimi dell’elettronica contemporanea come Jon Hopkins, James Blake e Clark.
 

Qual è il vostro rapporto con la musica elettronica?
L: Ci piace, ci piace. Non saprei farti dei nomi, così su due piedi, comunque ci piace un po’ di tutto. Robe con i synth, io ho anche registrato qualcosa, mi piacciono molto.

DW: E avete mai pensato di incorporare qualche elemento in più di musica elettronica nei vostri brani? Ultimamente con la batteria elettronica ci state provando, ma magari nei brani scartati da WOW e Endkadenz c’era qualche pezzo di stampo elettronico che non è riuscito ad entrare negli album…
L: Su Endkadenz Vol. 2 ci sarà un pezzo molto elettronico, proprio una roba da ballare (ride, ndi). Abbiamo un sacco di jam con roba elettronica che io manipolavo, Albi suonava la chitarra, qualcuno suonava le tastiere… Solo che il cantato è ancora in semi-inglese, magari prima o poi le carichiamo sul sito, non lo so!

DW: L’intervista è praticamente finita, ma ho ancora due curiosità da togliermi. Qual è il brano di Endkadenz che ti diverti di più a suonare dal vivo?
L: Contro La Ragione, ma anche Inno Del Perdersi mi piace un casino.

DW: Fantastico. Ultima domanda: so che siete molto affezionati al “pollaio”, il vostro studio di registrazione… Lo lascerete mai o ci siete troppo legati?
L: Sinceramente sì, ci pensiamo già dai tempi di WOW. Ormai siamo qua da tanti anni, lo spazio è sempre quello e i suoni che puoi ottenere non possono essere troppo diversi da quelli che conosciamo già… Costa tutto troppo però, è un casino, e per ora stiamo qua. Considerando quanto siamo lenti diventa davvero troppo costoso (ride, ndi), ma magari per quando abbiamo già i pezzi pronti potrebbe essere un’idea, sarebbe sicuramente bello.

DW: Grazie mille Luca, in bocca al lupo per i prossimi live!
L: Grazie a te, ciao!