Intervista a cura di Giorgio Moratti
Fotografie, riprese e montaggio a cura di Alessandra Beltram.
http://www.ctrlmagazine.it/le-band-bergamasche-intervistano-i-verdena/#nomeancora
FOTO DI: ALESSANDRA BELTRAME
PLASTIC MADE SOFA
A cosa stavate pensando quando avete scritto Ho una fissa?
(A) L’abbiamo scritta tutti e tre insieme ma non mi
ricordo a cosa stavamo pensando, sinceramente. Credo che non stavamo
pensando a niente.
(R) Il pezzo in realtà all’inizio si chiamava
Omofisso.
(A) Poi Luca ha trovato il titolo
Ho una fissa, molto meglio di
Omofisso che faceva davvero cagare.
Di cosa si nutrono le vostre canzoni quando non siete sul palco? Cosa vi trasforma e cosa vi fa rimanere voi stessi?
(L) Alla fine si suona e basta, quindi penso sia quello, cioè proprio il piacere dello strumento e di suonare.
(R) In fin dei conti in saletta siamo noi tre.
(A) Io spero che chiunque rimanga genuino
nella propria vita artisticamente parlando.
(R) Siamo sempre alla ricerca di soluzioni nuove, nel senso che non ci va di fossilizzarci.
(L) Magari a tanti non piace questa cosa perché sai, il pubblico si affeziona alle cose, ma
se ti siedi poi il rischio è quello di diventare impiegati della musica. (A) Paradossalmente ciò che ci fa rimanere noi stessi è proprio il cambiamento.
(L) Se facessimo dischi meno ricercati sarebbe più facile, anche venderli. Invece
sperimentare può farti scontrare anche con ore di nulla durante le quali ti viene da pensare “faccio schifo”.
(A) Sperimentando si trova anche un entusiasmo maggiore, che alimenta la voglia di continuare con lo stesso spirito.
(L) Le nostre canzoni si nutrono di tante cose… [ride,
ndr].
(A)
Ma anche di
quello che ascoltiamo, perché come diceva George Harrison,
“quello che mangi finisci per cagarlo”, ed è esattamente quello che
succede nel cervello. Anche la musica che senti al ristorante o dal
benzinaio ti influenza.
Siamo influenzati anche dagli One Direction.
Anzi, li sto ascoltando un sacco, perché mio figlio è un po’ impazzito
e, va be’, mi tocca ascoltarli ma poco male, alla fine sono come gli
Weezer senza distorsione (ho sputtanato gli Weezer in questo momento…).
Comunque
ieri sera guardavo i dischi e basta, li guardavo ma non ho ascoltato niente. A volte li guardo e basta. Ho letto molto. Invece
Achtung Baby degli U2 l’ho ascoltato ed è sempre bello quel disco.
ANDREA ARNOLDI E IL PESO DEL CORPO
Alberto sei ancora in fissa per Anima Latina?
(A) No, era una fissa di
Wow,
quindi di circa 6 anni fa. L’ho letteralmente spolpato quel disco anche
se poi ho provato ad ascoltare bene altri dischi di Lucio Battisti ma
non mi hanno colpito nello stesso modo. Comunque è passata la fissa, è
durata circa 3 mesi.
Roberta: nella musica italiana di sempre, qual è secondo te la canzone con il giro di basso per eccellenza?
(R) Non ascolto musica italiana, ma mi ricordo che
quando ho sentito per la prima volta gli One Dimensional Man che
aprivano al concerto dei Kepone
nel 97/98 (noi eravamo andati per sentire loro) ero rimasta colpita dal
suono di basso di Pierpaolo Capovilla: bello cattivo, tosto. Ho
pensato: “Anche io voglio un suono di basso così”. Suonavo il basso da
poco, quindi ero andata a chiedergli che amplificatore usasse perché mi
piaceva e non sapevo nulla di ‘ste cose.
(A) Il problema è che non ascoltiamo la musica italiana quindi magari ci stiamo sbagliando di grosso. (R) Forse anche qualcosa degli Scisma. Però per intenderci il giro di
Elefante è ispirato al suono dei Kepone e, tra l’altro, è uguale anche a un giro dei Kyuss.
Luca: se perdi le bacchette, dove le cerchi?
(L) Adesso ho il porta bacchette sul timpano… Ma intende durante un live o nella vita?
(A) Un giorno io diventerò cieco.
Lui perde le bacchette ma nel senso che mentre stiamo suonando gli
partono fiuuu e io sono di fronte a lui in saletta. Se mi prende in
faccia mi uccide.
(R) Io invece rischio di essere decapitata perché suono vicino al crash e ogni tanto cade.
(L) A volte mi fermo proprio perché sento che le bacchette si stanno rompendo a metà e se vado avanti rischio che mi partano.
(A)
Hai presente se mi prendi sulle corde vocali? Chissà che versi escono.
Poi registriamo tutto quindi magari esce qualcosa tipo “Waaaa!”.
L’ultimo verso… Figata.
Quando gli archeologi del prossimo secolo disseppelliranno una copia di Endkadenz, che idea si faranno della musica di oggi?
(A) Ah trovano solo quello? Be’ se trovano solo
quello e non trovano Beatles o altro, potrebbero anche apprezzare… Solo
che poi dovrebbero trovare anche il modo di ascoltarlo. Speriamo che gli
pigli bene se no è finita, non si suona più.
RICKY E I SUOI AMICKY (EX ABORTI MANCATI)
Luca: “Avevo fatto una prova con gli Aborti Mancati ai tempi, ma sono stato scartato”
Quand’è che mi chiamate ancora per pitturare la casa?
(A) Chi ha chiamato Ricky per pitturare la casa? Io?
(R) Be’ io presto dovrei fare qualche ritoccatina quindi chissà…
Roberta ha le pareti rosse e bianche, Alberto nere e bianche, Luca bianche.
Come sta lo Zio Fabrizio?
Sta bene, è in forma.
FOTO DI ALESSANDRA BELTRAME
SPREAD
Se stenuate in più non siete più anoidi?
(R) Che stronzi [ride,
ndr]
(A)
Certo, solo nei mesi bisestili. In realtà è una frase dei Gea, un altro
gruppo bergamasco, però l’ha tirata fuori Enrico degli Hogwash, che
aveva un quadernino pieno di parole assurde e neologismi inventati da
loro. L’ho letto perché avevo bisogno di parole e quindi “stenui”,
“bisestile”,
“anoide” cioè a forma di ano, “mestile” che sono le mestruazioni ma bisestili. Insomma tutte cose così, invenzioni bergamasche.
(L) Strabello registrare
Viba EP.
(A) Sì, l’abbiamo fatta nello studio degli Hogwash.
In un futuro ci sarà la possibilità per i vostri fan di
avere una pubblicazione di alcuni brani nella versione originale in
inglese?
(A) Non è inglese, è maccheronico, questo è il problema per il quale non pubblichiamo mai niente.
(L) Abbiamo anche un sacco di jam strabelle, però lui canta in quella lingua lì, che alla fine comunque sembra inglese.
(A) Sì, Nik diceva che sentiva delle frasi con un senso, anche se in verità dicevo parole a caso.
(L) Ci abbiamo pensato spesso a pubblicare.
(A) Il Suicidio del Samurai è molto meglio in inglese che in italiano.
(L) Anche Muori Delay è una bomba.
(L) Per
Endkadenz
i primi 7 pezzi li abbiamo fatti sia in inglese, sia in italiano, ci
hanno aiutato Frederik dei Sonars e Nik, ma poi il lavoro diventava
troppo e Alberto stava impazzendo. Abbiamo mollato lì e siamo andati
avanti con l’italiano. L’idea iniziale era quella di fare anche i pezzi
in inglese perché
all’estero ci han detto che l’italiano non funziona. (R)
L’italiano è una lingua musicale a detta di tutti gli stranieri, ma la
questione va al di là del testo, è proprio di credibilità degli italiani
fuori dall’Italia, non vengono presi in considerazione.
(L) Poi quando suoniamo all’estero la gente che ci sente apprezza.
(R)
Sì, alla gente piaceva ma quando chiedevano che lingua fosse quella dei
testi c’era molta sorpresa nel capire che dall’Italia potesse uscire
qualcosa di rock.
(A) Ma
il problema non è la gente, sono le etichette straniere e questo problema potrebbe essere anche superato.
(L) Magari tra 120 anni.
SONARS
Alberto: Sanno tutto di noi, che domande vogliono fare? [ride]
Cosa ne pensate dell’utilizzo di iPad e smartphone come
veri e propri strumenti musicali, grazie alle migliaia di applicazioni
disponibili?
(A) Già sa! Comunque ci siamo divertiti un sacco a usare iPad e app per fare orchestrazioni, trombe…
(L) Suoni strani
(R) Sempre come sovra incisioni, mai come punto di partenza.
(A) Mai fatto un pezzo partendo dall’ iPad di sicuro, però si potrebbe in futuro.
(R)
Nel senso, ci viene in mente che in un punto della canzone ci starebbe
bene una tromba ma conosciamo un trombettista che sia qua fra 10 minuti?
No. Allora proviamo con l’iPad.
(A) Che in realtà
sembrano proprio delle trombe vere, riescono a fingere anche gli sbagli
ed è più veloce. In fase di registrazione l’iPad è servito anche per le
voci, loop o addirittura cori su multi traccia. Anche live abbiamo
questi supporti. L’importante è avere strumenti nuovi e poter provare un
sacco di cose in più, l’apertura fa parte della sperimentazione.
Riguardo alla registrazione so che avete usato dei
microfoni a nastro degli anni ’40 e ‘50, che gli stessi Elvis e Johnny
Cash utilizzavano. Quali differenze avete notato rispetto ai microfoni
moderni da studio?
(R) Sono più sporchi.
(A) Proprio
nel senso che puzzano, sono pieni di polvere. Poi, a parte il discorso
relativo al risultato tecnico dei microfoni anni ‘50 e ’60, che comunque
sulla voce tanta roba,
gli odori dal vivo fanno la differenza, di brutto.
Anche quando stai suonando e senti l’odore di costine per esempio mamma
mia… Gli odori influenzano parecchio, anche l’odore di ascelle, quando
stai suonando dal vivo e ti arriva la svampata e dici, cazzo, sto
sudando, strabello. Fa un bell’effetto, mi riempie di gioia. Mentre in
saletta l’odore di ascelle meglio di no. Però forse non volevano sapere
questo i Sonars.
CORNOLTIS
Cosa ne pensate degli abusi edilizi nella Valle del Lujo?
(R) Bestemmiamo ogni volta che ci passiamo davanti.
(L) C’è stato un brutto momento, anni fa, che l’ha proprio devastata.
(R) La
cosa più triste è che la metà delle cose che han costruito son vuote,
le fabbriche che erano aperte ora sono quasi tutte chiuse e già questo
mette tristezza, mentre le palazzine, le villette, le case nuove sono
invendute e quindi ti girano doppiamente i coglioni.
(L) D’altronde dovevano lavorare, sai, così dicevano… Era più o meno nel 2006, il periodo era quello di
Requiem e in
Caños il tema è sicuramente presente.
(A) Sì, anche abbastanza chiaro, ci siamo fatti capire.
(L) Poi sono influenze che passano, purtroppo ci si abitua anche al brutto.
(A) Ormai il coso grigio è lì.
Siete soliti non tirare l’acqua dopo aver urinato?
(R) Io ovviamente no. Cioè sì, tiro l’acqua.
(L) A me ogni tanto piace pisciare nel lavandino. Anche per sperimentare suoni diversi [ride,
ndr]. Anche nel camino era successo.
(A) La cosa migliore è cagare e pisciare nello stesso momento.
Cosa ne pensate di Zucchero Fornaciari?
(R) Ha scritto delle belle hit [ride,
ndr]. Ogni tanto ci divertivamo a cantare le sue canzoni.
(A)
È uno dei pochi italiani che ci divertono. La musica italiana non è
molto divertente. Ascoltando Zucchero non mi sento così infastidito. Di
solito sono infastidito dalla musica italiana
, ma lui
non è così patetico e paranoico. E poi copia tutto, non gliene frega un
cazzo, fa straridere tutto questo. Cioè non è che copia, la melodia
magari è la sua però alcune cose proprio…
Woman/Donne per esempio…
Come si mette la distorsione?
(A) Col piede. Se no puoi alzare l’input del canale e metti la distorsione con la distanza, avvicinandoti.
SAKEE SED
Spesso il pubblico e i giornalisti vi definiscono
“alieni”, “spaziali” o “supersonici”. Credete in altre forme di vita che
pilotano dischi volanti nello spazio? Se sì, che musica ascoltano
secondo voi?
(L) Io ci credo e ascoltano
The Piper at the Gates of Dawn, il primo disco dei Pink Floyd.
(A)
Anche io ci credo. Sarebbe interessante avere uno scambio musicale con
gli alieni per vedere che cosa hanno inventato loro, sarebbe musica
completamente diversa. Oppure ascoltano Zucchero, copiano Zucchero.
Tutti che si vestono uguali. Tutti uguali, anzi tutti Zucchero. Il
pianeta di Zucchero.
Ci vendete il furgone rosso?
(R) Sì, subito. Anzi no, Luca ci è troppo affezionato quindi non si può.
(A) Eh sì, colpa sua, non vuole separarsene, ehm ehm…
(R) Ci costa un sacco e non possiamo usarlo perché non ci stanno gli strumenti e per i viaggi lunghi non va bene.
(L) È un po’ vecchio lui, però va da dio, va ovunque… Glielo affittiamo a un buon prezzo [trattativa in corso,
ndr].
(R)
50 al giorno e la chiudiamo lì. Comunque abbiamo forato recentemente,
quindi è fuori servizio al momento, ma di venderlo non ce la sentiamo.
LE CAPRE A SONAGLI
In Endkadenz si sente un grosso lavoro di sperimentazione, secondo noi c’è anche un corno inglese equalizzato sui 1000. Confermate?
(L) [ride,
ndr].
(R) No, francese!
(A) Se equalizzato sui mille non ricordo, però il corno francese l’abbiamo usato in
Diluvio. Comunque è uno di quei suoni resi con l’iPad e ce n’è molto di più in
Endkadenz Vol. 2 rispetto al
Vol. 1.
VERBAL
Da 20 anni dovete fare i conti con il mercato della
musica in Italia, con le case discografiche, con la promozione, con i
giornali. Come combattete il conformismo?
(A) Non lo combattiamo direi. Adesso sono una macchinetta nel rispondere alle interviste, prima ero più combattente.
(L) Durante
Requiem
non ne rilasciavamo. Avevamo un comunicato stampa quasi completamente
vuoto. Sai quella roba che mandi ai giornali in cui già un po’ te la
tiri da solo, “siamo un gran gruppo” eccetera, in cui descrivi anche i
pezzi e poi i giornalisti usano le tue frasi nelle recensioni. Ecco,
invece per
Requiem non avevamo fatto niente, erano state scritte solo le informazioni base.
(A)
Quest’anno quando è uscito il disco ho risposto veramente alle stesse
domande per due mesi, cinque volte al giorno. A un certo punto ripetevo
le stesse cose ed ero anche contento perché mi ricordavo esattamente le
stesse risposte, con le stesse parole. Un tempo invece rispondevo sempre
in modo diverso, a ogni giornalista davo versioni differenti, almeno mi
divertivo un po’.
Siete ricercatissimi per interviste da chiunque si occupi di musica. Qual è domanda che vi sta più sui coglioni?
(L) Quella roba di
Endkadenz è insopportabile. Spiegare il perché del titolo, la storia del tipo che si schianta dentro
.
(A)
Ma no quello è bello da spiegare. Invece le domande sul mondo indie non
le sopporto. Ci mettono sempre in questo mondo indie del quale non mi
sento appartenere. Tutti insistono ma non è vero che siamo indie. Noi
siamo stra indie!
(R) A me da più fastidio quando
chiedono “a chi vi siete ispirati per scrivere questo disco?”. Andresti
mai a chiedere a uno scrittore “a quale scrittore ti sei ispirato per
scrivere il tuo ultimo romanzo?”. Cioè è un po’ offensivo. Al massimo
puoi chiedere che musica hai ascoltato in questi anni.
(A)
Come se fosse automatico ispirarsi a una cosa in particolare. Invece
magari Zucchero sarebbe felice di rispondere a una domanda così.
Un’altra domanda è “cosa vogliono dire i tuoi testi?”. Ma come i miei
testi? Tutti? Tutti devono voler dire una sola cosa, la stessa? Sulla
singola canzone è diverso. Poi
è ovvio che i miei testi non vogliono dire un cazzo [ride,
ndr].
Quanto conta per voi il legame con la natura? Ispira la
composizione dei vostri brani e vi trovate mai a scrivere nutrendovi
dell’energia che offre il bosco?
(L) Non abbiamo mai scritto nel bosco. Al mare alcune robe. E poi la nostra saletta non ha finestre.
(A) Quindi natura morta, mortissima, al massimo qualche ragno.
Noi siamo cresciuti nel bosco quindi lui c’è nella nostra musica, ma è un’influenza intrinseca.
(L) Anche se una bella tendata dà sempre una bella carica.
(A) E qui si torna a
Caños…
Al di là del nome Verdena, di che colore è la vostra musica?
(R) Dipende dal pezzo: ci sono pezzi neri, pezzi gialli… Pezzi
Fuxia!
(A)
Cerchiamo di assomigliare a un arcobaleno. Però c’è anche il nero. Un
arcobaleno con i contorni neri. Cerchiamo di essere colorati ma, ahimè,
siamo circondati dall’oscurità.
FIRST CLASS PASSENGER
Oltre all’aspetto prettamente musicale, in cosa deve impegnarsi una band proveniente da un contesto provinciale per emergere?
(L) Suonare tanto, fortuna…
(A) La
comunicazione anche. Ma un ufficio stampa funziona bene se funziona bene
la band, è un gioco di squadra. Anche se un gruppo ha dei limiti
bisogna trovare il bello che sta nel brutto, bisogna essere molto
autocritici. Noi lo siamo, ci odiamo. Io non riesco ad ascoltare i
nostri dischi. Continuo a volerli ascoltare ma non riesco, li ascolterò
da vecchio, prima di morire me li riascolto tutti. Li guardo e basta.
Ogni tanto cerco su YouTube i nostri live per ricordarmi i pezzi, come
mettere il distorto e come schiaccio i vari pedali, soprattutto delle
canzoni vecchie. Però al massimo rileggerò la risposta alla domanda
“come si mette il distorto?”. (L) Io invece preferisco ascoltare le registrazioni.
(R) Anche io preferisco da disco.
Come vi sembra Grooviera come titolo di un album?
(R) Per un gruppo dub demenziale sarebbe perfetto.
GOTTO ESPLOSIVO
Quanto vi sentite in dovere di assecondare il vostro
pubblico sia nella scelta della tracklist dal vivo, sia nelle scelte
compositive?
(L) Qua torniamo in pieno su una discussione aperta settimana scorsa.
(A)
Cerchiamo sempre di scombinare l’ordine, ma soprattutto per l’ultimo
tour lo scheletro rimane sempre fisso e dentro ci si gioca un po’.
(L)
La questione è che ora, avendo più pedali, tastiere e storie malate,
dovremmo cambiare strumenti ed equalizzazioni varie a ogni pezzo, invece
cerchiamo di trovare un buon compromesso.
C’era in Val Seriana qualche realtà musicale prima di voi che vi ha spronato a prendere la via della musica?
(R) Hogwash. Andavamo a sentirli suonare all’epoca quando eravamo piccoli, e per noi erano un grande riferimento.
(L) Andavamo a sentire tutti in verità, ma gli Hogwash sono stati i più avanti.
Sono stati i primi a registrarsi da soli, ad avere i pedalini strani, arrangiamenti strani.
Tailoring, il loro secondo disco era davvero malato.
(A) Comunque anche adesso i gruppi di Bergamo ci danno molto.
FLETCHER
Da cosa sono state dettate le scelte di suoni in Endkadenz, soprattutto in fase di missaggio? L’approccio in tal senso è stato diverso rispetto ai dischi precedenti?
(L) È stato completamente diverso.
(A) A livello sonoro tutto entra in qualche cosa di nuovo rispetto ai dischi precedenti.
(R)
Siamo proprio partiti dai suoni, mentre in passato non era così.
Componevamo le canzoni e poi in fase di registrazione sperimentavamo
amplificatori e strumenti diversi.
(A) Il suono di
Endkadenz è nato circa 5 anni fa, finito l’ultimo disco, esattamente dopo le date in Sardegna.
Cosa ne pensereste se qualcuno facesse un gruppo tributo ai Verdena?
(A) Ne abbiamo beccato uno in Costa Rica, anzi no alle Filippine, o in Thailandia.
(L) Be’ comunque se si divertono loro… Il nostro consiglio resta comunque quello di fare pezzi propri.
IL BEPI
La scelta dell’analogico è da lodare, soprattutto perché
vera. Ha anche ripercussioni sul lato commerciale? E, se la scelta
derivasse esclusivamente dalla qualità dell’ascolto proposto, non
sarebbe un po’ come combattere l’inquinamento andando in giro col
calesse?
(L) Il problema dell’analogico è il lato economico: i tecnici costano, le bobine costano, le macchine le devi sempre riparare.
(A)
È una spesa apocalittica il nastro. Poi il risultato è fantastico. Ma
per intenderci a un gruppo esordiente non ci sentiamo di consigliarlo.
(L) Conviene registrare su 4 piste a cassetta.
(A) No bè Luca, conviene il digitale [ridono,
ndr].
(R)
Dal punto di vista commerciale non credo ci siano ripercussioni, chi
vuoi che se ne accorga, solo gli appassionati. Può essere che incida un
po’ dal punto di vista della comunicazione, mi vengono in mente i
Radiohead dell’epoca che avevano chiamato il disco
OK, Computer.
Poi la musica ormai si ascolta su supporti dove non si può capire la
differenza fra analogico e digitale, ma la nostra è una scelta
esclusivamente artistica.
Quanto conta da 0 a 10 ai fini di quel che fate l’essere bergamaschi?
(A) 6!
(R) Lo siamo, quindi conta!
(A) La musica bergamasca,
il rock bergamasco che gira ha un qualcosa in comune, una cosa incredibile.
Penso sia per via della città stessa, devi stare davvero attento per
sentire tutte le piccolezze. Ascoltavo ieri Le Capre A Sonagli e si
capisce che sono bergamaschi. La musica bergamasca ha un’impronta.
(R) Se fossimo cresciuti, che ne so, a Palermo, non avremmo fatto i dischi che abbiamo fatto, sarebbero stati diversi.
MOOSTROO
Perché la scelta di produrre un disco così mostruosamente distorto e autarchico?
(A) 5 anni fa ci hanno regalato un pedalino che ha
un suono mostruoso e da lì è nato tutto. Ma in realtà la batteria e il
basso sono molto puliti. E’ una cosa contrastante, poi salta
all’orecchio il distorto della chitarra ma non tutto è così distorto.
Siamo partiti dai contrasti e il disco ha preso forma in questo modo.
Cosa ne pensate della mostruosa scena bergamasca?
(A) Ci sono molti gruppi che ci piacciono e con i
quali, quando possibile, cerchiamo di suonare: Spread, Capre a Sonagli,
Sonars e i Rich Apes con cui suoneremo al Filagosto il 6, ma ce ne sono
tanti, davvero.
(L) I Rich Apes hanno fatto un gran
disco. Sto ascoltando anche i Midnight Breakfast, un bel disco blues
melodico. C’è tanta roba e in tutti c’è un tocco di psichedelia.
(A) In tutti c’è anche un tocco di nuovo, è davvero un bel momento per la scena bergamasca.